(Teleborsa) -
Lunedì a Palazzo Chigi ci sarà la
prima riunione della maggioranza al rientro dalle ferie: una sorta di brain storming per fare due conti e mettere sul tavolo tutte le opzioni per la prossima
Manovra. Numeri che ancora non tornano perché
mancano all'appello ben 16 miliardi per finanziare un finanziaria sulla parte bassa della forchetta (25 miliardi anziché i 30 previsti)
rinviando qualche intervento al prossimo anno.
Al momento, infatti, la
proroga del cuneo fiscale da sola vale 9 miliardi, poi c'è la
detassazione dei premi produttività, le maggiori risorse promesse per la
sanità e quelle per il rinnovo dei
contratti del pubblico impiego, inclusa la scuola. Vi sono poi le misure bandiera come il
Ponte di Messina, fortemente voluto da Salvini, e l'attuazione della
riforma fiscale, su cui il governo si gioca la credibilità.
Quanto al finanziamento,
sono a disposizione al momento circa
9 miliardi così suddivisi:
4-4,5 miliardi è il tesoretto generato dal DEF di aprile e dallo scostamento fra deficit tendenziale previsto il prossimo anno (3,5%) e quello programmatico (3,7%); circa
1,5 miliardi arriverebbero da una
spending review dei ministeri;
3,5 miliardi di gettito sarebbero messi da disposizione dalla
tassa sugli extraprofitti delle banche e costituirebbero una una tantum. C'è poi chi rilancia la tradizionale
lotta all'evasione, che stando al numero uno dell'Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, frutterebbe
2,8 miliardi da qui al 2025.
Le previsioni economiche non lasciano margine di flessibilità quanto a PIL, dal momento che si attende per gli ultimi due trimestri del 2023 un peggioramento dell'economia . tanto che l'obiettivo proposto dal DEF di un PIL 2023 a +0,9% sarebbe già un risultato importante.
Unica opzione sul tavolo per reperire risorse fresche sembrerebbe quella di
ricorrere ad un maggior deficit, anche se il
Ministro Giancarlo Giorgetti si è detto più volte
contrario ad usare la leva del deficit. Sia perché verrebbe considerata un pessimo biglietto da visita nell'ambito delle trattative per la riforma del Patto di stabilità sia per l'impatto negativo che si avrebbe sui mercati e sullo spread. Ma da più parti, all'interno della
maggioranza, si fa
pressing per un innalzamento più o meno marcato. A favore di questa ipotesi due considerazioni: questo sarebbe l'ultimo anno di sospensione del vecchio
Patto di Stabilità e l'avvicinarsi delle
elezioni europee che rendono la Commissione europea più prudente nelle relazioni con un Paese fondatore come l'Italia.