(Teleborsa) - Dopo un Pil a +0,6% nel 2024, la Svimez stima una crescita nazionale dello 0,7% nel 2025 e dello 0,9% nel 2026, con il
Sud che dal 2025 torna a crescere meno del Nord. Il rallentamento della crescita è la conseguenza di fattori comuni all’area euro, come il ripristino dal 2024 dei vincoli del Patto di Stabilità europeo, la recessione dell’industria dovuta a calo della domanda per beni durevoli, con la crisi di settori traino come l’automotive, la debolezza del commercio internazionale, l’aumento dei costi dell’energia. Ma sono anche i fattori specifici del contesto italiano a incidere: un quadro di finanza pubblica nazionale che concentra la contrazione del deficit nel 2024-25; un peso rilevante del settore automotive e un ruolo decisivo della domanda estera, con una forte interdipendenza con l’industria tedesca. Da sottolineare tuttavia, che le previsioni non tengono in considerazione la grande incertezza "Trump", provocata dalle ipotesi di inasprimento dei dazi sulle esportazioni verso gli Stati Uniti.
E' la fotografia scattata dallo studio Svimez – Ref Ricerche ‘Dove vanno le regioni italiane. Le previsioni regionali 2024-2026’, presentato questa mattina, da Fedele De Novellis (Ref) e Stefano Prezioso (Svimez). Alla presentazione sono intervenuti il presidente
SVIMEZ Adriano Giannola, il direttore generale Svimez Luca Bianchi, il docente di economia e politiche regionali al Politecnico di Milano Ugo Fratesi, la docente di scienza politica all’Università di Padova Laura Polverari, il docente di economia applicata all’Università di Bari Gianfranco Viesti. Per quanto riguarda le singole regioni italiane nel 2025 si prevede per il Veneto una crescita dell’1,2%, dell’1,1%, per la Lombardia, dell’1% per l’Emilia Romagna, regioni più strutturate capaci di compensare la debolezza dell’export con la tenuta della domanda interna, mentre arrancano l’Umbria con lo 0,2%, la Liguria 0,4%, Puglia e il Molise con lo 0,5% regioni meno esposte al rallentamento del commercio estero ma con meno elementi capaci di far decollare la crescita. Il 2024 si dovrebbe chiudere con una crescita maggiore nel Mezzogiorno:: 0,8% vs. 0,6% nelle regioni centro-settentrionali. Per il secondo anno consecutivo il Sud si muoverebbe così più velocemente del resto del Paese, anche se con un differenziale notevolmente ridotto (da un punto percentuale a due decimi).
Con riferimento al biennio 2025-2026, l’evoluzione del Pil italiano è prevista permanere al di sotto dell’uno per cento, con un profilo in lieve espansione: +0.7% nel 2025;+0,9% nel 2026. In questo biennio il Centro-Nord dovrebbe risultare l’area più dinamica, con un differenziale di circa tre decimi di punto rispetto al Sud in entrambi gli anni.
A livello regionale, relativamente al biennio 2025-2026, dovrebbero mostrare una crescita più vivace le economie dalla base produttiva più ampia, strutturata e diversificata, più pronte a intercettare le opportunità derivanti da un rafforzamento della domanda interna. Prevarranno sentieri di crescita regionale più differenziati al Nord e al Centro, più omogenei nel Mezzogiorno.
Tra le diverse ripartizioni emerge nel Nord-Ovest il traino della Lombardia; nel Nord- Est, le regioni più dinamiche sono Veneto e Emilia dove, nonostante debolezza dell’export, la crescita è sostenuta dalla domanda interna; si conferma la divaricazione interna al Centro: da un lato, più dinamiche la Toscana, per la maggiore presenza di imprese strutturate, e il Lazio, trainata da Giubileo e service
economy; dall’altro, Umbria e Marche, alle prese con crisi settoriali di lungo periodo e alla ricerca di un nuovo modello di specializzazione; il Mezzogiorno risulta un’area in rallentamento ma compatta, meno esposta al rallentamento del commercio estero ma
dove mancano elementi che accelerano il cambiamento strutturale, nonostante il Pnrr che sostiene la dinamica del Pil nel 2025-26.
Per il direttore della Svimez Luca Bianchi “Dopo un 2024 in cui il Sud è cresciuto, per il secondo anno consecutivo, più del Nord, il rallentamento dell’economia insieme all’avvio di un percorso restrittivo di politica fiscale europeo rischiano di indebolire gli importanti segnali di ripresa dell’economia meridionale. Accelerare l’attuazione del PNRR, da cui dipende il 60% della crescita, e sostenere con politiche industriali attive le imprese innovative sono le chiavi per non rassegnarsi al ritorno alla normalità di un Paese a due
velocità”.
Per Fedele De Novellis di Ref Ricerche “La crisi europea è una crisi dell’industria europea. Ha necessariamente impatti territoriali differenziati, e in Italia colpisce maggiormente le regioni manifatturiere del Nord. Tuttavia, la resilienza del Mezzogiorno deve molto al
contesto di politiche più favorevoli. L’avvio della fase di consolidamento fiscale secondo la traiettoria indicata nel Piano Strutturale di Bilancio di Medio Termine sottrae spazi alle politiche di bilancio. Anche la ripresa dell’occupazione potrebbe arrestarsi a breve.”
Per il presidente della Svimez Adriano Giannola “Due aspetti emergono dalle previsioni Svimez: si riapre il divario tra Nord e Sud, dopo 2 anni in cui il Mezzogiorno, grazie al Pnrr, aveva vissuto una stagione di normalità. E anche la ripresa del Nord, trainata dall'export,
rischia gli effetti della mina Trump. Per il meridione la strada praticabile resta cavalcare l'opportunità mediterranea".
PIL, Svimez: su previsioni 2025-2026 rimane "grande incertezza Trump"
12 febbraio 2025 - 11.11