(Teleborsa) - Nessuna marcia indietro della Commissione Ue sullo stop ai motori diesel e benzina dal 2035. "Non è una cosa che stiamo prendendo in considerazione e direi che non è una cosa che praticamente nessuno sta prendendo in considerazione", ha detto la vicepresidente della Commissione Ue con delega alla Transizione pulita, Teresa Ribera, a margine della sua visita alla ArcelorMittal di Gand, in Belgio. "La questione sul tavolo – ha aggiunto – è come accompagnare l'industria automobilistica europea in un processo di trasformazione in corso e in una corsa industriale globale attivata da anni, mantenendo stabilità sulle tempistiche".

Parole con cui Ribera risponde indirettamente anche a Giorgia Meloni, secondo la quale le norme comunitarie sull'automotive rischiano di "mettere in ginocchio" il settore. La partita, tuttavia, è tutt'altro che chiusa. E Ribera, oltre che con il pressing dell'Italia dovrà vedersela con il Ppe, che ha posizioni molto simili a quelle del governo italiano. Quel Ppe del quale è membro anche Ursula von der Leyen.

A Bruxelles il dossier sul regolamento delle auto a emissioni zero, in piena crisi dell'auto, è caldo. In queste ore si stanno intensificando i contatti tra le istituzioni Ue e le case automobilistiche per avviare "quanto prima" il dialogo strategico sul futuro dell'automotive annunciato dalla presidente della Commissione nel suo intervento programmatico in Plenaria.

Se Ribera ha smentito l'intenzione della Commissione abbia di posticipare l'obiettivo del 2035 di divieto di vendita di auto nuove a motori a combustione interna, la posizione finale della Commissione potrebbe essere meno tranchant. A Bruxelles si parla infatti di un possibile compromesso: congelare per il 2025 le sanzioni che scatteranno dal prossimo anno per chi non si adegua ai primi target di riduzione del 15% delle emissioni per i nuovi veicoli. Scongiurare le multe salate ai produttori di auto – che potrebbero pesare fino a 15 miliardi di euro – è una delle richieste che a Bruxelles è arrivata dall'Italia e dalla Repubblica Ceca, formalizzata in un documento informale ("non paper") sostenuto anche da Austria, Bulgaria, Romania, Slovacchia e Polonia. Nel documento i 7 Paesi Ue chiedono, innanzitutto, di anticipare all'inizio del 2025 la revisione prevista dal regolamento per intervenire con urgenza e per creare le giuste condizioni per centrare l'obiettivo finale del 2035. Un punto, su questo, sul quale l'Italia è pronta a lottare fino all'ultimo, forte anche della sponda dei Popolari, che proprio mercoledì voteranno in assemblea un documento abbastanza in linea con quello italiano.

"Lavoreremo per fare in modo che la transizione ecologica torni a camminare di pari passo con la sostenibilità economica e sociale", ha assicurato Meloni. Giovedì il non-paper italiano dovrebbe finire sul tavolo del Consiglio Ue ai Trasporti al quale parteciperà Matteo Salvini.