(Teleborsa) - Imprese italiane ancora molto indietro sul fronte della sostenibilità, e si diffonde sempre di più nel nostro paese il fenomeno della “sustainability washing”, una sostenibilità di facciata finalizzata ad ingannare i consumatori e modificarne le scelte di acquisto. I dati arrivano da ConsumerLab, centro studi specializzato in sostenibilità, che in collaborazione col Centro Studi Americani ha messo sotto la lente 3.814 aziende attraverso il rapporto "Index Future Respect", che sarà presentato il 27 novembre a Roma.

L’Index Future Respect da sette anni coinvolge esperti e consumatori per individuare i bilanci di sostenibilità ritenuti meglio leggibili, esaustivi e circostanziati nella rappresentazione dell’attività d’impresa "rispettosa del futuro" – spiega ConsumerLab –. Il primo dato che emerge dalla ricerca è che in media solo l’11,7% delle imprese pubblica un apposito bilancio di sostenibilità, 446 sulle 3.814 analizzate. Quasi la metà (48,6%) delle aziende di grandi dimensioni e più di 250 dipendenti pubblica l’apposito bilancio, percentuale che però crolla all’1,1% per quelle con meno di 50 dipendenti. Questo perché le imprese cominciano a rendersi conto che i bilanci di sostenibilità non vengono letti dai cittadini, e l’evoluzione sostenibile viene ritenuta sempre più spesso (ed erroneamente) un costo che non genera ricavi, una complicazione organizzativa appesantita da adempimenti burocratici e non stimolata da incentivi.

Dall’analisi dettagliata dei bilanci di sostenibilità emerge una eccessiva autoreferenzialità da parte delle imprese, e una comunicazione prolissa, banale, ambigua e carente di numeri e misurazione d’impatti – prosegue ConsumerLab – E proprio su tale fronte si assiste in Italia alla preoccupante escalation del fenomeno "sustainability washing": una sostenibilità di facciata dove le informazioni ai cittadini vengono rese in modo mascherato o confuso, se non addirittura falso, allo scopo di ingannare gli utenti spingendoli ad effettuare scelte economiche sotto la spinta di una sostenibilità che nella realtà non esiste.

Tra le pratiche più diffuse spiccano il proporsi come aziende proiettate in un programma di sviluppo sostenibile, senza però specificare tempi, metodi e soluzioni; far sembrare un prodotto o un’attività rispettosi o meno dannosi per l’ambiente o più socialmente consapevoli; diffondere affermazioni fuorvianti o infondate sui propri impatti sociali, sulle iniziative in materia di emissioni di carbonio, sull’attenzione al benessere dei propri dipendenti. E non è certo un caso se oggi un consumatore italiano su cinque sia convinto che la sostenibilità sia tendenzialmente una montatura per aumentare i prezzi o incensare i prodotti – rileva Consumerlab.

"Sul fronte della sostenibilità si assiste in Italia ad una arretratezza preoccupante, con la maggior parte delle imprese che non ha compreso le opportunità dell’evoluzione sostenibile e i relativi benefici sul fronte della competitività – afferma il presidente di ConsumerLab, Francesco Tamburella – I consumatori sono pronti non solo a premiare le aziende che realmente si impegnano a tutelare l’ambiente, il territorio, le risorse, ma anche a spendere di più per investire sul futuro; tuttavia una comunicazione carente, ambigua e a volte ingannevole da parte delle imprese allontana sempre di più i cittadini dal concetto di sostenibilità, crea sfiducia e danneggia anche quelle società che realmente si impegnano in favore delle politiche sostenibili".

I dati completi della ricerca saranno illustrati mercoledì 27 novembre alle ore 17 presso il Centro Studi Americani (Palazzo Mattei, via Caetani 32, Roma) con gli interventi di Antitrust, Invitalia e Università La Sapienza.

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