La quota d’investimenti destinati alle startup al femminile si differenzia, notevolmente, da un paese europeo all’altro passando, nel quadriennio 2019 – 2023, dal 52,8% della Lituania fino allo 0,7% di Croazia e Bosnia Erzegovina. Tra le grandi nazioni UE, leader in questo mercato è la Spagna con il 13,3%, seguita a ruota dall’Italia che con il 10,8% fa meglio di Francia e Regno Unito (10,4%) e della Germania, fanalino di coda con l’8,8%.
Le startup fondate da donne si concentrano, negli investimenti, su settori diversi: quello sanitario, sempre nel quadriennio 2019-2023, conquista il gradino più alto del podio con il 19,2%, tallonato da vicino dal fintech (18,5%), mentre completa la top 3 il settore dello sviluppo software (12,7%). A livello di focus di business dei round di finanziamento raccolti in Europa dalle startup femminili nel quadriennio 2019-2023 quasi la metà (48%) sono stati destinati al Saas (Software as a service), un terzo (31%) alla manifattura e un quinto (21%) a mercato ed e-commerce. Per una startup e per i suoi fondatori entrare nel club degli unicorni, company che superano la valutazione di 1 miliardo di dollari, rimane un traguardo fondamentale.
A livello europeo, nel 2023, sono ben 35 le startup unicorno fondate da donne (erano 14 solo 5 anni fa, nel 2019) e tra queste quasi la metà (15) hanno sede nel Regno Unito, 5 in Germania, mentre sono 3 a testa gli unicorni al femminile in Francia, Italia e Svezia.
In Italia purtroppo, ancora oggi, le imprese femminili scontano un deficit culturale di lungo periodo che frena il pieno sviluppo d’interessanti opportunità di business. Nel 2023, secondo gli ultimi dati disponibili diffusi da Unioncamere e dall’Istat, le aziende al femminile registrate nella Penisola erano oltre 1,3 milioni, un numero in leggero calo (-0,9%) rispetto al 2022, rappresentando quindi una quota pari a quasi un quarto (22%) sul totale del tessuto produttivo nazionale. Tra i settori ad aver subito una maggiore frenata in termini di chiusura di aziende al femminile troviamo commercio (-8mila attività), agricoltura (-6mila) e la manifattura (-2mila), mentre la quasi totalità delle imprenditrici italiane (90,7%) opera nel comparto dei servizi. 4 di queste imprese su 10 (37%) hanno sede al Sud.
Per supportare l’incremento e lo sviluppo dell’impresa al femminile innovativa in Italia LifeGate Way, polo di open innovation del gruppo LifeGate che mette in contatto il più grande ecosistema di startup sustainable native italiane con i protagonisti dell’innovazione, ha realizzato, in collaborazione con Ventive, società di investimenti e consulenza per startup e PMI innovative, Women in Action, programma di accelerazione al femminile di cui si è appena conclusa la prima edizione. Obiettivo del percorso: accompagnare imprenditrici e aspiranti founder ad acquisire e allenare strumenti per creare imprese sostenibili che possano crescere generative e alimentare il bene comune.
Quali azioni dovrebbero introdurre, Imprese e Stato, per rilanciare ed incentivare l’imprenditoria al femminile?
Cambiare la cultura del lavoro non è semplice e richiede tempo. È una questione di mentalità, che riguarda tutti noi: uomini, donne, legislatori, manager e imprenditori, afferma Elga Corricelli, co-founder e supervisor del programma Women in Action. Le imprese possono fare la differenza quando sono guidate da leader lungimiranti che favoriscono team inclusivi, promuovendo trasparenza e meritocrazia come leve fondamentali per la selezione e la crescita professionale. Inoltre, dovrebbero garantire flessibilità, rispettando i cicli di vita delle persone, adottare un linguaggio generativo che promuova relazioni paritarie e sostenere startup e imprese femminili per favorire l’innovazione dentro e fuori l’azienda. In questo modo, diffondono in tutto l'ecosistema la cultura della partecipazione e della leadership femminile, un fattore che può accelerare l’imprenditoria femminile.
Le Istituzioni, invece, hanno un potere maggiore, ma purtroppo agiscono più lentamente. Serve un vero cambio di paradigma per promuovere concretamente l’imprenditoria femminile, partendo dalla scuola e costruendo un sistema sociale equo, con supporti reali alla genitorialità e servizi efficaci per l’assistenza agli anziani. In Italia, infatti, la donna è ancora la principale responsabile della cura dei figli e degli anziani. Oltre all'aspetto culturale, che deve essere stimolato prima dalla famiglia e poi dalla scuola, servono aiuti concreti, non solo economici.
Infine, spiega Corricelli, è fondamentale continuare a proporre modelli femminili di successo che hanno contribuito all'innovazione del Paese. Ne abbiamo molti, ma spesso non li conosciamo o li ignoriamo. La cultura ha bisogno di continue iniezioni di azioni concrete e storie reali da cui trarre ispirazione.
Nel 2023 la quota di fondi raccolti a livello europeo dalle startup al femminile è stata pari a 5,8 miliardi di euro. Quanto è previsto per l'anno in corso? E quali sono le previsioni per i prossimi anni?
Nel 2023, le startup fondate da donne in Europa hanno raccolto circa 5,8 miliardi di euro, segnando un aumento significativo rispetto al 2022. L'anno precedente, infatti, solo lo 0,9% del capitale totale investito era destinato a startup con fondatrici femminili, mentre nel 2023 questa quota è cresciuta all'1,6%. Nonostante sia ancora una percentuale ridotta, rappresenta un passo avanti incoraggiante.
Attualmente, oltre 1 miliardo di euro è stato già investito nei primi mesi del 2024, rappresentando il 19,4% del capitale totale destinato alle startup europee. Questo dimostra un interesse crescente verso le imprese guidate da donne, anche se la strada per raggiungere una piena parità è ancora lunga. Le sfide rimangono, in particolare la mancanza di donne nei ruoli decisionali nei fondi di venture capital, ma ogni progresso contribuisce a un futuro più inclusivo.