(Teleborsa) - La Guardia di Finanza (GDF) sta conducendo una maxi operazione in tutta Italia per una frode fiscale internazionale per centinaia di milioni di euro e riciclaggio. È stata smantellata una banca clandestina cinese, sono state emesse 9 misure cautelari personali e sono stati attuati sequestri per oltre 116 milioni di euro.

L'operazione

In particolare, i finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ancona, su delega dell'European Public Prosecutor's Office (EPPO) sedi di Milano e Bologna hanno dato esecuzione, nelle regioni Marche, Emilia Romagna, Puglia, Veneto, Toscana, Lombardia, Abruzzo, Campania, Piemonte e Lazio, a un'ordinanza applicativa di misure cautelari personali e reali nei confronti di 33 soggetti, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Macerata.

Il provvedimento, eseguito dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Ancona con la collaborazione dei Reparti del Corpo competenti per territorio, colpisce principalmente i componenti di un'associazione per delinquere di matrice sinica operante in Italia e in Europa. Oltre alla custodia in carcere per i due soggetti promotori, sono stati disposti gli arresti domiciliari (con braccialetto elettronico) per cinque associati e l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di altri due appartenenti al sodalizio. Sono stati inoltre sottoposti a sequestro beni e disponibilità finanziarie per più di 116 milioni di euro.

La frode fiscale internazionale

La misura giunge all'esito di una complessa attività investigativa, la cui fase iniziale è stata sviluppata dai finanzieri appartenenti al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Milano impiegati presso la sede di Milano della Procura Europea, che ha consentito di individuare un articolato schema di frode fiscale internazionale, realizzata attraverso numerose imprese in realtà inesistenti (cosiddetti missing trader) che avevano importato dalla Cina centinaia di container, contenenti principalmente abbigliamento e accessori, transitati dalla Grecia e immessi in consumo in Italia dopo una serie di triangolazioni con svariate società "fantasma" italiane, bulgare e greche in evasione dell'IVA e dei dazi doganali, sottraendo a tassazione più di 500 milioni di euro.

Il riciclaggio

La liquidità illecita accumulata veniva poi "ripulita" mediante un sofisticato sistema di riciclaggio, realizzato dall'associazione per delinquere di matrice cinese mediante l'utilizzo di una Chinese Underground Bank dotata di veri e propri sportelli bancari abusivi e occulti, situati in Civitanova Marche e Corridonia. Presso i tre sportelli bancari, celati all'interno di una villa, di un'agenzia viaggi e di un Cash&Carry, l'organizzazione cinese si occupava di raccogliere denaro da riciclare e di stoccarlo, per poi consegnarlo ai clienti che ne avevano preventivamente ordinato il prelievo.

Per garantire la massima velocità e riservatezza delle operazioni, l'organizzazione inoltre aveva fornito gli uffici dell'agenzia viaggi di una macchina conta soldi e aveva la disponibilità di un adiacente caveau, ove procedere alle successive operazioni di stoccaggio delle banconote. Il denaro contante poi veniva ritirato direttamente agli sportelli o inviato in diverse regioni d'Italia mediante "corrieri" ovvero trasferito all'estero tramite "conti virtuali" con destinazione finale la Cina. I clienti, a fronte del prelievo del denaro contante, procedevano ad effettuare bonifici su conti correnti nazionali ed esteri riconducibili ai componenti dell'associazione criminale che, per tale servizio, trattenevano una percentuale sulle somme movimentate.

Il trasferimento di fondi illeciti

Le indagini svolte hanno permesso di individuare un sistema di trasferimento verso l'estero dei fondi illeciti che - attraverso società fittizie, fatture per operazioni inesistenti e triangolazioni europee - ha cercato di aggirare i presìdi antiriciclaggio, facendo transitare il denaro in molti Stati (tra cui Grecia, Bulgaria, Francia, Spagna, Germania, Estonia, Danimarca, Irlanda e Gran Bretagna) prima di inviarlo in Cina e, in parte, farlo tornare anche in Italia.

Le rilevanti provviste bancarie - "ripulite" e fatte rientrare in Italia - sono state poi investite dagli indagati sul territorio nazionale. L'attività delle Fiamme Gialle del G.I.C.O. del capoluogo dorico ha posto sotto la lente d'ingrandimento centinaia di negozi giuridici e trascrizioni immobiliari, permettendo di accertare la disponibilità in capo agli indagati di numerosi immobili e attività commerciali in diversi comuni delle Marche. Sono stati così apposti i sigilli su 9 unità immobiliari, cinque attività di ristorazione, conti correnti e autovetture di lusso nella disponibilità degli indagati (Porsche, Audi e Mercedes). In particolare, è stata sequestrata una cittadella commerciale a Civitanova Marche.