(Teleborsa) - Con il 41,1% di pagamenti alla scadenza, nel 2023 l’Italia è al 18° posto in Europa tra i 25 paesi scrutinati in termini di puntualità, scalando di una posizione rispetto all’anno precedente. I pagamenti ai fornitori oltre i 30 giorni invece, considerati ritardi gravi, sono passati dal 9,1% del 2022 al 9,6% del 2023 (+5,5%). L’Italia rimane comunque lontana dalle principali economie industrializzate europee, come Germania, Regno Unito, Francia e Spagna. In testa alla classifica europea (e a quella mondiale) la Danimarca, con pagamenti puntuali nel 94,2% dei casi.

È stato presentato oggi a Milano, agli IBM Studios, lo Studio Pagamenti 2024 di CRIBIS - società del gruppo CRIF specializzata nella business information. L’osservatorio annuale che fotografa le abitudini di pagamento delle imprese in Italia e nel mondo è stato lanciato nel 2004 ed è ad oggi il più importante evento in Italia dedicato al credit management. Lo Studio riporta le abitudini di pagamento delle aziende in 39 Paesi del mondo che rappresentano circa il 90% del PIL mondiale e le principali economie con cui le aziende italiane hanno rapporti commerciali. In generale, nonostante il contesto di diffusa incertezza economica, nel 2023 i pagamenti puntuali sono cresciuti nelle principali economie del mondo.

Sempre in Europa il paese con le imprese meno virtuose è la Romania con più di 9 pagamenti su 10 mancati alla scadenza, e con un’alta occorrenza di ritardi gravi, che si verificano nel 58,3% dei casi. Anche sul campione globale dei 39 paesi, l’Italia guadagna una posizione raggiungendo il 28° posto.

In Europa Meridionale, nel 2023 è l’Ungheria a distinguersi per le maggiori quote di pagatori puntuali (73,2%), seguita dalla Slovenia (52,1%). Come anticipato, la Romania occupa la posizione di fanalino di coda in Europa e nel mondo, registrando solo il 9% nella classe di pagamento alla scadenza, con un calo di quasi il 40% rispetto all’anno precedente. Viceversa è la Serbia è il paese dell’Europa Meridionale a mostrare i miglioramenti più rilevanti nelle abitudini di pagamento rispetto al 2022, (+6,9% pagamenti alla scadenza). L’incremento più alto dei ritardi gravi, invece, si registra anche in questo caso in Romania (+82,8%), seguita dall’Ungheria (26,7%).

Situazione variegata in Nord America. Negli Stati Uniti i pagatori puntuali crescono del 3,3% fino a rappresentare più del 59% del totale, mentre in Messico decrescono del 3,2% raggiungendo il 44,9% a fine 2023. Il Canada presenta un lieve miglioramento dei pagamenti alla consegna, ma rispetto al 2022 registra un incremento nei ritardi gravi del 9,3% (8,2% del totale). In Asia, nel 2023 è Taiwan a distinguersi per la maggiore quota di pagamenti puntuali (77,2%), mentre i ritardi gravi interessano solamente l’1,9% delle aziende, in calo del 26,9% rispetto allo stesso periodo del 2022. In ogni caso, tutti i paesi asiatici analizzati registrano un incremento dei pagatori puntuali rispetto al 2022. La crescita maggiore sul fronte dei pagamenti puntuali lo mostra Hong Kong, dove il dato rimane comunque basso al 26,3% del totale (+36,3% rispetto al 2022). L’India, d’altra parte, registra il 27,5% nella classe di pagamento con grave ritardo, con un peggioramento rispetto al 2022 (+44,7%).

Performance positiva per la Nuova Zelanda con più dell’80% di pagatori puntuali, mentre l’Australia peggiora di quasi 6 punti percentuali rispetto al 2022 (70,5% vs. 64,7%). In relazione ai pagamenti con oltre 30 giorni di ritardo la Nuova Zelanda risulta più virtuosa dell’Australia (3,7% vs. 8,7%).

“I dati dell'osservatorio Studio Pagamenti ci indicano che l’Italia viaggia a due velocità: la puntualità nei pagamenti e l’incidenza dei ritardi gravi cambiano drasticamente spostandosi dal nord-est e nord-ovest, dove le aziende mostrano comportamenti più virtuosi, al centro-sud e isole. È anche vero che i dati mostrano un lieve peggioramento nei pagamenti delle piccole e medie imprese italiane, ma il dato non è preoccupante se contestualizzato nel contesto macroeconomico del 2023 che presenta caratteri di grande complessità, di fronte al quale le PMI hanno tenuto meglio del previsto – ha commentato Marco Preti, Amministratore Delegato di Cribis –. Quello che desta preoccupazione è il confronto con le altre economie industriali europee, specie con la Germania, rispetto alle quali l’Italia si posiziona nella parte bassa della classifica. Questo posizionamento rappresenta un evidente problema di competitività: ogni volta che le aziende italiane devono fare qualcosa per ottenere un pagamento, perdono marginalità. Le aziende devono imparare a rispondere al clima di incertezza, un fattore di mercato che durerà a lungo e che le imprese dovranno gestire se vorranno mantenere un posizionamento competitivo."