(Teleborsa) - Quando si parla di donne, lavoro e competenze continua, purtroppo, a registrarsi in Italia uno squilibrio ancora evidente.
Nonostante le dipendenti pubbliche laureate che lavorano nelle regioni, province e nei comuni italiani siano quasi il doppio rispetto ai colleghi uomini (102.675 contro 50.831), le donne rivestono solo il 41% dei ruoli di maggiore prestigio e responsabilità. E' quanto emerge da una ricerca condotta da Centro Studi Enti Locali, basata sull'elaborazione dei dati derivanti dall'ultimo conto annuale della Ragioneria generale dello Stato (riferito al 2021). Uno squilibrio che arriva da lontano e che nel quinquennio 2016-2021 non ha subito variazioni significative.
Già allora, sebbene il 53% dei dipendenti degli enti territoriali fosse di sesso femminile (il 3% in meno rispetto a quelli censiti nel 2021), i dirigenti erano uomini nel 60% dei casi. Per rinvenire una traccia di tendenziale cambiamento, bisogna spostare le lancette dell'orologio indietro di altri 5 anni quando, nel 2011, a fronte di una forza lavoro al 53% di segno femminile, le donne nei posti di comando erano solo il 38% del totale, il 3% in meno rispetto all'ultima rilevazione.
In controtendenza, Abruzzo, Calabria, Campania e Molise. Sebbene anche in questi casi le dirigenti donna rappresentino una minoranza, la loro percentuale è comunque superiore rispetto a quella di partenza delle donne sul totale dei dipendenti.
Emblematico il "caso" Calabria in cui le dipendenti degli enti locali sono il 33% del totale e le dirigenti rappresentano il 45% del totale.
In generale le pubbliche amministrazioni locali con più dirigenti donna sono quelle abruzzesi (48%), subito dopo Molise e Valle d'Aosta (47%).