(Teleborsa) - "Il Dsa diventa giuridicamente vincolante. Piattaforme online e motori di ricerca molto grandi hanno avuto abbastanza tempo per adattarsi ai loro nuovi obblighi. Abbiamo proposto 'stress test' per aiutarli a comprendere le loro esigenze. Il vero test inizia adesso. Io e i miei servizi applicheremo scrupolosamente il Dsa e utilizzeremo pienamente i nostri nuovi poteri sulle piattaforme per indagare e sanzionare ove richiesto". È quanto scrive su scrive su X (l'ex Twitter) il commissario europeo per il Mercato interno e l'industria, Thierry Breton annunciando l'entrata in vigore da oggi del Digital Services Act, la stretta Ue per fermare gli abusi sui contenuti online e tutelare gli utenti del web.

"Rispettare il Dsa non è una punizione: è un'opportunità per le piattaforme di rafforzare la propria affidabilità – evidenzia Breton –. La protezione dei bambini costituirà una priorità di applicazione. Così come lo saranno le battaglia alla disinformazione, compresa la propaganda filo-russa, soprattutto perché stiamo entrando in un periodo di elezioni in Europa. La moderazione dei contenuti non significa censura. In Europa non ci sarà alcun Ministero della Verità". Breton garantisce che ci sarà "trasparenza su processi algoritmici, bot, pubblicità mirata che amplifica i contenuti. Il Dsa – afferma – è in vigore per proteggere la libertà di espressione contro decisioni arbitrarie e, allo stesso tempo proteggere i nostri cittadini e le democrazie. Era giunto il momento di garantire che nessuna piattaforma online si comporti come se fosse troppo grande per preoccuparsene".

Il Digital Services Act obbligherà grandi piattaforme come Google, Facebook, X e TikTok a prendere provvedimenti per non rischiare multe milionarie, in base al principio che ciò che è illegale offline deve esserlo anche online. Da venerdì entreranno in vigore tutta una serie di nuove regole per i 19 maggiori grandi gruppi online con oltre 45 milioni di utenti nell'Ue già individuati dalla riforma: sono 2 motori di ricerca (Bing e Google Search) e 17 piattaforme, con social media (Facebook, Instagram, Twitter, TikTok, Snapchat, LinkedIn, Pinterest), e-commerce (Alibaba AliExpress, Amazon, Apple, Zalando) o servizi (Google Play, Google Maps e Google Shopping), ma anche Booking, Wikipedia e YouTube. Da oggi scattano i primi adempimenti, mentre da febbraio la platea coinvolta sarà più ampia. Giganti come Google, Microsoft e Apple, YouTube, Amazon, Facebook, TikTok, Instagram o X dovranno ad esempio fornire strumenti agli utenti per segnalare facilmente i contenuti illegali, dando la precedenza alle segnalazioni provenienti dai soggetti più autorevoli. I siti di e-commerce saranno tenuti a rintracciare i venditori, per limitare le frodi. E anche gli algoritmi di ricerca cambieranno all'insegna della trasparenza, consentendo anche di scegliere delle alternative. La Dsa vieta anche pubblicità mirate a minori, basate su dati sensibili, e più in generale prevede multe fino al 6% del fatturato mondiale per le violazioni, con la messa al bando per i recidivi.

Da oggi, dunque, i grandi operatori dovranno adottare misure per mitigare i rischi e, se già implementate, presentare una relazione sugli effetti ottenuti, con responsabilità crescenti già previste. Le grandi piattaforme come Google o Microsoft hanno già annunciato misure per adeguarsi. TikTok ha reso pubbliche le misure adottate. Amazon da parte sua ha depositato un ricorso al tribunale a Lussemburgo contestando di esser inclusa nell'elenco, al pari di Zalando. Nelle scorse ore Meta (Facebook e Instagram) ha fatto sapere che gli utenti potranno tornare a vedere i contenuti in ordine cronologico e non come proposto dall'algoritmo.

La prima richiesta è fornire alla Commissione Ue una valutazione del rischio e rispettare obblighi, come prevenire la diffusione di contenuti dannosi. Chi sarà sorpreso a violare il Dsa rischia multe fino al 6% del fatturato globale. Verso la fine della prossima settimana sarà chiaro se tutti i 19 si siano già adeguati perché in base all'iter la scadenza parte con qualche giorno in più per alcuni.

In Italia la riforma dovrebbe venir implementata tramite l'Autorità per le telecomunicazioni. Ma la Lega – unico partito contrario – insorge in difesa della libertà delle Bigh Tech di continuare a operare e fatturare senza regole in Europa e della libera circolazione delle fake news. "In questa Europa che da anni non cresce e già destinata alla deindustrializzazione e all'irrilevanza sugli scenari globali, saremo anche tutti un po' meno liberi. L'entrata in vigore del Digital Service Act, provvedimento che rafforzerà la censura su Internet, deciso passo in avanti verso la 'cinesizzazione' del concetto di libertà di espressione in Europa, ci allarma e ci preoccupa – affermano in una nota gli europarlamentari capo delegazione della Lega Marco Campomenosi e Alessandra Basso, relatrice ombra del provvedimento –. Ancor più di quanto già avvenga adesso qualcuno sarà autorizzato a far cancellare il contenuto dei pensieri dei cittadini, magari con il pretesto della lotta alle 'fake news', magari con l'obiettivo di giungere alla campagna elettorale per le europee con l'anestetizzazione dei pensieri alternativi che saranno messi ai margini e contro cui la stessa Commissione Europea spenderà molti soldi pubblici per promuovere sé stessa e le idee portate avanti dai partiti che hanno sostenuto Ursula Von der Leyen e i suoi incompetenti commissari in questi anni. Altro che difendere la libertà – rilanciano i due europarlamentari leghisti – Bruxelles sembra voler imporrare il modello cinese in Europa. La Lega è stata l'unica forza politica italiana a votare contro il Dsa al Parlamento europeo, opponendosi a questa deriva che, come sempre a dispetto di belle intenzioni e nobili scopi, nasconde una vera e propria legge bavaglio Ue".