(Teleborsa) - Il 56% delle imprese italiane afferma di aver spostato l’attenzione dalla crescita (principale obiettivo delle aziende dello scorso anno) a una maggiore efficienza e al risparmio sui costi. L’85% rivela che i propri dipendenti se non hanno già chiesto aumenti di stipendio superiori alla norma, lo faranno presumibilmente nel breve. Il 55% ha ridotto i consumi energetici per far fronte all’aumento dei costi dell’energia, e confermerà questo impegno in futuro per ridurre il proprio impatto sull’ambiente. Sono alcuni dei dati che emergono dall'edizione 2023 dell’European Payment Report (EPR) pubblicato da Intrum.



Il documento - arrivato alla sua venticinquesima edizione - è basato su un’indagine condotta simultaneamente in 29 Paesi europei. Alla ricerca hanno partecipato oltre 10.000 aziende afferenti a 15 diversi settori, di cui 800 italiane, rappresentate dal top management e da esperti della materia all’interno dei dipartimenti finanziari.
In Italia, il 64% delle aziende si dichiara sempre più preoccupato relativamente alla capacità dei debitori di pagare entro i termini concordati e allo stesso tempo, nel 54% dei casi, ammette di avere difficoltà a pagare in tempo i fornitori a causa dell’inflazione. SI osserva anche che l’impatto dei ritardi dei pagamenti costituisce un freno allo sviluppo, distraendo risorse che altrimenti sarebbero utilizzate per migliorare la sostenibilità, espandere l’offerta o assumere nuovo personale.

In dettaglio: l’inflazione elevata, condizione che privati e imprese stanno fronteggiando ormai da oltre un anno, sta costringendo il Management delle aziende a fare scelte che privilegino il controllo dei costi e il recupero dell’efficienza, priorità assoluta nel 74% dei casi, sebbene il 60% degli intervistati confermi l’interesse a espandere il business anche nel 2023.

L’aumento generalizzato dei prezzi di beni ed energia - si legge - " ha avuto conseguenze anche sul potere d’acquisto dei lavoratori, sempre più in difficoltà da un punto di vista economico. L’85% delle aziende rivela che i propri dipendenti se non hanno già chiesto aumenti di stipendio superiori alla norma, lo faranno presumibilmente nel breve; richieste che tuttavia, nel 55% dei casi, probabilmente non riusciranno a soddisfare.

Le attuali sfide che le imprese si trovano ad affrontare, costituite principalmente da prezzi elevati e crescita dei tassi di interesse, potranno inoltre avere un impatto negativo sulla puntualità dei pagamenti da parte dei clienti. In Italia il sentiment degli intervistati è particolarmente negativo relativamente all’aumento dei tassi di interesse (63%, rispetto al 54% della media europea), all’aumento dell’inflazione (60%, rispetto al 57% in Europa), alle difficoltà finanziarie dei debitori (56%, rispetto al 53% della media europea). Il rischio climatico (ad esempio: eventi meteorologici estremi o le problematiche connesse alla transizione verso un’economia verde) non viene invece percepito tra i primi posti tra i fattori che impatteranno sulla puntualità dei pagamenti (51%), quando invece è in cima alla classifica in Europa (59%). La gestione della liquidità e dei debiti finanziari è oggi tra le priorità delle aziende intervistate come non lo è mai stata in precedenza (50% dei casi) e il 44% del campione ritiene di dover accedere a nuova finanza per rimanere competitivo sul mercato, più che in Europa (38%).

Resta alta l'attenzione alla sostenibilità - Nell’ultimo anno il 62% delle imprese italiane ha accelerato in modo significativo gli sforzi per aumentare la propria sostenibilità, nonostante un contesto certamente sfidante. Quasi la metà degli intervistati (il 48%) ritiene che un’assunzione di responsabilità nei confronti degli impatti ambientali fidelizzerà i clienti all’azienda.

Dal sondaggio, inoltre, emerge un effetto collaterale positivo legato all’aumento dei prezzi dell’energia: le imprese infatti (nel 55% dei casi) hanno ridotto i propri consumi per far fronte all’aumento del costo energetico, con l’obiettivo però di mantenere tali comportamenti virtuosi anche in futuro, al fine di ridurre ulteriormente l’impatto sull’ambiente.

La spinta a migliorare le prestazioni ambientali, in circa il 54% degli intervistati, è alimentata anche da altri fattori, come ad esempio l’opinione dei clienti e una maggiore consapevolezza del rischio climatico.

La ricerca evidenzia inoltre che circa il 60% delle imprese in Europa è preoccupato per la capacità di pagamento dei propri clienti. In Italia in particolare, il 70%, prevede un aumento dei ritardi di pagamento nei prossimi 12 mesi. In peggioramento rispetto all’ultimo anno, periodo nel quale, secondo la ricerca, il 73% ha dovuto accettare tempi di scadenza più lunghi da parte dei clienti. Nonostante il 49% degli intervistati sia portato a velocizzare il processo, le condizioni del mercato non lo permettono, e le imprese, nel 54% dei casi, attribuiscono queste difficoltà all’inflazione che, insieme all’aumento dei tassi di interesse, rende più complesso tutto il processo, con pesanti ricadute sulla supply chain.



L’aumento dei ritardi nei pagamenti "ha conseguenze dirette sulla gestione degli stessi: per il 2023, il 73% delle aziende italiane, si pone come priorità strategica la diminuzione dei rischi di credito e il miglioramento nel rispettare i termini di pagamento e della gestione dell’esposizione ai crediti scaduti. Tuttavia oltre la metà (il 56%) riscontra alcune difficoltà a causa della mancanza di competenze specifiche e di risorse interne da dedicare alla gestione dei crediti. Inoltre, risulta ancora più ampia la platea di imprese italiane (il 54%, rispetto al 47% in Europa) con sistemi finanziari e amministrativi ritenuti obsoleti, con ricadute negative sull’efficienza della gestione dei pagamenti".

Dall’EPR 2023 emerge, infine, che la gestione del ritardo dei pagamenti assorbe significative risorse alle imprese europee, in media circa 74 giorni all’anno. In Italia la media è superiore, e si attesta a 81 giorni.