(Teleborsa) - Nel I trimestre 2023 frena la domanda di credito presentata dalle imprese italiane con un -3,6% rispetto al corrispondente periodo del 2022. Viceversa, l’importo medio richiesto registra un incremento a doppia cifra: +27,8%, per un ammontare pari a 146.845 euro (Fonte: EURISC - Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF). Il trend generale di flessione delle richieste si rispecchia anche nello spaccato per tipologia di imprese. Infatti, la domanda di credito da parte delle imprese individuali mostra una contrazione del -6%, mentre le società di capitali subiscono una flessione del -2,4%. Viceversa, si mantiene in decisa crescita l’importo medio per entrambi i settori: +27,4% per le Società di capitali (193.363 euro) e +21,3% per le Imprese individuali (49.717 euro).

“Con l’aumento del costo del denaro è quasi inevitabile che anche le imprese provino a richiedere meno soldi in prestito e che il rischio di un mancato rimborso del prestito stesso aumenti”, spiega Simone Capecchi, Executive Director di CRIF. “Se le famiglie possono decidere di rinviare una richiesta di credito a quando i tassi di interesse saranno diminuiti, le imprese hanno costi non rinviabili e un bisogno di liquidità permanente”.

Allo stesso tempo, il tasso di default delle imprese dopo molti anni è tornato a salire, arrivando intorno al 2% nel 2022. Un indicatore quest’ultimo che risultava in costante calo dal 2013 e che ha delineato negli anni una rischiosità sempre minore delle imprese e uno scenario favorevole per le banche e l’industria del credito. In particolare, il tasso di default è passato da picchi del 7-8% fino a un minimo dell’1,5% nel 2021. Successivamente la linea discendente si è dapprima appiattita per poi tornare a crescere dal 2022.

“Ciò significa che le imprese hanno maggiore difficoltà a rimborsare i loro prestiti, anche se parliamo comunque ancora di un dato abbastanza basso. Un nuovo rialzo dei tassi potrebbe portare a un ulteriore calo delle richieste di credito da parte delle imprese, anche se è vero che una decisione di questo tipo della BCE è largamente attesa, per cui non ci si attende una reazione eccessiva. Per le imprese pesano molto di più gli aumenti consistenti dei costi dell’energia. Infine, l’attuale quadro macroeconomico incerto lascia presagire che nei prossimi mesi il rischio di credito ritorni a risalire, dopo un 2022 confortante. Tuttavia, un volano di ripresa per le imprese potrà essere determinato dal percorso dettato dall’Unione Europea per quanto riguarda le tematiche ESG e ovviamente il capitolo PNRR, conclude Capecchi.