(Teleborsa) - Una “crescita moderata”, con un PIL 2023 al +0,7%, (in calo di 3,1 punti rispetto al 3,8% del 2022), accompagnata da un’inflazione che, a condizione che il prezzo dell’energia rimanga su livelli inferiori ai massimi raggiunti nell’estate 2022, è prevedibile scenda velocemente nell’anno in corso fino ad un livello di circa il 5,1% (dall’8,1% registrato nel 2022), togliendo pressione ai costi e al potere d’acquisto, e quindi sostenendo i consumi, lasciando prevedere una crescita della spesa delle famiglie dello 0,6% (comunque inferiore di 4,0 punti rispetto al 2022). Il sistema bancario continuerà a sostenere lo sviluppo delle imprese, anche se il credito crescerà a ritmi più bassi rispetto al 2022, anche per l’incremento dei tassi di interesse sul credito determinato dalla politica monetaria della BCE. Inoltre, l’assenza di shock internazionali permetterà al ciclo industriale di ripartire, mentre gli investimenti finanziati dal PNRR contribuiranno a colmare il vuoto creato dal venire meno del Superbonus 110%, anche se non va sottovalutato l’effetto di un prevedibile allungamento dei tempi relativi alla spesa effettiva.



Sono alcune delle principali evidenze contenute nel Rapporto annuale realizzato da AreaStudi Legacoop e Prometeia, che delinea lo scenario evolutivo dell’economia italiana per il 2023, con alcune proiezioni relative anche agli anni successivi, a partire da quelle relative al PIL, previsto a +0,6% nel 2024 e a +0,9% nel 2025, e all’inflazione, prevista al 2,2% nel 2024 e al 2% nel 2025.

Uno scenario, come detto, condizionato dal livello dei prezzi dell’energia, in particolare del gas. Se l’andamento climatico dell’inverno ha scongiurato il rischio di uno shortage di metano, nei mesi estivi sono possibili maggiori tensioni, perché il prevedibile incremento della domanda asiatica (in particolare cinese) di gas potrà determinare un recupero delle quotazioni internazionali del metano che, data la crescente dipendenza europea dalle forniture “via nave”, potrebbe impattare anche sui prezzi europei. In uno scenario internazionale ancora carico di fattori di tensione non ci si aspetta dunque un alleggerimento significativo dei prezzi delle commodity rispetto ai livelli medi del 2022. Dopo i forti aumenti del 2021 (+70% circa) e del 2022(+41% circa) le prospettive per il 2023 sono orientate in direzione di un calo in euro dell’indice Prometeia-APPIA del 13% circa, che comunque anche nel 2024 rimarrà su livelli decisamente più elevati rispetto al 2019.

Altra condizione fondamentale dello scenario è una prosecuzione senza intoppi dell’attuazione del PNRR, considerando l’impulso addizionale agli investimenti determinato dalle risorse del Piano. In termini percentuali, con un impegno pieno delle risorse del PNRR gli investimenti totali sono previsti in crescita del 2,3% nel 2023 e dello 0,7% nel 2024. In caso contrario, la dinamica risulterebbe decisamente inferiore (0,3% nel 2023 e 0,5% nel 2024).

Ma è proprio sul fronte del PNRR che si stanno addensando nubi riguardo alla piena capacità di spesa effettiva delle risorse, con particolare riferimento ai ritardi nell’attuazione del Piano come dimostrano anche i recenti richiami del Presidente della Repubblica e del Commissario UE all’Economia, accanto ai rilievi espressi dalla Corte dei Conti. In proposito, il Rapporto evidenzia come, nonostante il raggiungimento di milestone e target risulti in linea, si profilino possibili criticità nell’attuazione del Piano, a cominciare dalla debolezza delle pubbliche amministrazioni, rispetto alla quale gli interventi di supporto deliberati dal governo e l’assunzione di personale tecnico hanno dato risultati ancora parziali. Un impatto negativo sulla realizzazione delle opere pubbliche potrebbe inoltre essere prodotto dalle strozzature nel settore delle costruzioni, alle prese con tensioni sui costi di produzione, nella filiera degli approvvigionamenti e nella disponibilità di manodopera. Infine, l’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, che ha determinato un impegno aggiuntivo a carico del bilancio statale per aggiornare i prezziari, istituire un Fondo per l’avvio delle opere indifferibili e un Fondo per la revisione dei prezzi dei materiali nei contratti pubblici, con l’obiettivo di favorire la realizzazione degli investimenti.

“Il boom post pandemico -commenta Simone Gamberini, presidente di Legacoop- ha mostrato che questo paese è pieno di energie, ha un dinamismo che cova sotto la cenere ma è bloccato da strutture arcaiche, regole e scelte sbagliate non solamente a livello nazionale. In questo rallentamento tutti devono fare la loro parte per liberare la forza creativa del Paese. La cooperazione l’ha fatta e questo rapporto lo conferma: nel decennio passato si è rinnovata, riequilibrandosi dove necessario, consolidandosi quando possibile. Ma come il resto del sistema produttivo non può fare tutto da sola. Se i costi aumentano, l’incremento dei tassi rischia di soffocare l’economia. Al contrario servono misure di spinta coraggiose, e per questo ci preoccupa la crisi del PNRR. Un problema essenziale che va affrontato e risolto è quello dei costi del finanziamento in capo alle amministrazioni locali per la gestione delle opere che, con l’aumento dei tassi di interesse, sono insostenibili per gran parte di quei comuni, in maggioranza sotto i 5.000 abitanti, per i quali passano due terzi dei progetti e che spesso si vedono costretti a rinunciare alle risorse del Piano. Inoltre, dopo che la Cabina di regia, come annunciato, avrà effettuato una ricognizione per individuare i progetti realisticamente realizzabili con il PNRR e quelli da finanziare con Fondi di coesione e Repower EU, è urgente una revisione del modello, con un coinvolgimento dal basso del tessuto sociale e produttivo italiano. E occorre la spinta delle riforme, prima fra tutte quella fiscale. Una decisa riduzione della tassazione sul lavoro e del cuneo fiscale è ormai irrinunciabile. La ripresa post covid non era un fuoco di paglia, farla spegnere sarebbe un delitto”.