(Teleborsa) - "I risultati dello studio evidenziano come nel nostro Paese siano possibili ampi margini di miglioramento nella produzione di energia green a partire dalle peculiarità di ciascun territorio, sulla base delle risorse esistenti e degli impianti già presenti. Nello scenario attuale, attraverso la valorizzazione delle proprie fonti rinnovabili disponibili, come vento, sole, acqua e rifiuti, il Centro Sud può fornire un contributo concreto all'autonomia energetica del Paese. Un obiettivo importante che richiede anche un cambio di paradigma in cui diventa fondamentale la collaborazione e il dialogo aperto e trasparente tra istituzioni, cittadini e imprese". È quanto ha affermato Marco Patuano, presidente di A2A in occasione della presentazione del report "Verso l'autonomia energetica italiana: il ruolo del Centro Sud" svoltasi oggi pomeriggio a Roma, presso l'Associazione Civita.



L'Italia oggi è quintultima in Europa per autonomia energetica ma seconda per disponibilità di risorse sul proprio territorio. In tale scenario qual è il contributo che può fornire il Centro Sud?

"È un contributo straordinario. Il centro sud è beneficiato da condizioni geografiche, e quindi meteorologiche, assolutamente straordinarie per quanto riguarda sia la tecnologia fotovoltaica, quindi il solare, sia per quanto riguarda la tecnologia eolica. Se noi immaginiamo un triangolo che va dalla Puglia alla Sicilia alla Sardegna, abbiamo condizioni di ventosità fantastiche che possono essere sfruttate, ci tengo a sottolinearlo, nel pieno rispetto di tutti i vincoli ambientali. Dobbiamo accelerare perché comunque è un progetto che
intrinsecamente ha enormi complessità. Sono complessità tecnologiche ma sono soprattutto complessità autorizzative, bisogna scegliere dove fare questi impianti. Poi ci sono le complessità del trasporto, una volta fatta l'energia al Sud bisogna trasportarla al Nord. È richiesta una progettualità davvero da Sistema Paese. Il Sud può essere sicuramente una miniera di energia però questo richiede uno sforzo Paese che deve essere assolutamente pianificato".

Che spinta può dare a questo processo il PNRR?

"Più che dal PNRR di per sé, la spinta può essere data da tutti i provvedimenti che vengono resi possibili o necessari dal PNRR. Per esempio tutta la revisione del processo autorizzativo ha moltissime agganci con il PNRR. Oggi il problema non è tanto trovare investitori che siano interessati a investire nelle energie rinnovabili, quasi tutti gli investitori privati sono pronti a investire capitali propri in questo settore, il tema è che oggi dal momento della decisione al momento della realizzazione passano sette anni e sono ancora troppi".

Sul fronte del recupero energetico derivante dal trattamento dei rifiuti a che punto è l'Italia?

"L'Italia ha una situazione molto disomogenea. Noi abbiamo regioni che hanno fatto molti progressi perché si sono infrastrutturate opportunamente con impianti per il trattamento dei rifiuti e, ci tengo a sottolinearlo, non solo per il recupero in energia ma anche per il
recupero in materia che è il primo obiettivo di chiunque si occupi di trattamento dei rifiuti. Ci sono invece altre regioni che sono molto indietro, che continuano o a esportare i propri rifiuti o peggio a utilizzare discariche. Questo è un modo assurdo perché disperdiamo quello che può essere un patrimonio che deriva dalle materie prime seconde. Anche in questo caso serve un grande piano di investimento, stiamo parlando di molti miliardi di euro, da investire all'interno di un piano Paese per andare a rendere omogenea la situazione in tutto il territorio nazionale".