"Questo è il classico caso in cui hanno ragione entrambi", spiega nella sua Ecopillola Andrea Ferretti, economista, docente del Master in Scienze economiche e bancarie alla Luiss Guido Carli, sottolineando che "formalmente tutti e 66 gli obiettivi previsti dall'inizio del Piano e fino a giugno 2022 sono stati fin qui raggiunti e siamo anche in linea per il raggiungimento degli ulteriori 55 previsti entro la fine del 2022 ed è questo che conta per la Commissione, tanto che è stato già staccato congruo assegno da oltre 48 miliardi.
"Tuttavia - prosegue - è altresì giusto evidenziare che gli obiettivi 2021-22 sono obiettivi legati al varo di alcune riforme e non difficili da raggiungere. I problemi però potrebbero manifestarsi nel 2023 quando cioè le opere del PNRR andranno messe a terra".
Semplificando, spiega ancora Ferretti: "se il 2022 sui vari progetti è stato l'anno dell'ottenimento delle autorizzazioni e dell'avvio delle gare, il 2023 sarà l'anno dell'assegnazione di appalti e apertura cantieri e questo potrebbe comportare ritardi se non altro in scia all'esplosione dei costi delle materie prime e della difficoltà nel reperire i materiali necessari".
"Una cosa è certa, l'Italia non può permettersi una battuta d'arresto per due motivi: anzitutto le società di rating iniziano a mostrare segnali di nervosismo, Moody's ha detto chiaramente che un significativo indebolimento della nostra crescita dovuta anche alla mancata attuazione delle riforme previste nel PNRR potrebbe portare a un declassamento del rating Italia-. il guaio è che i nostri BTP sono per Moody's già al livello più basso nella scala dei titoli considerati affidabili, gli investment grade. A seguito di un eventuale declassamento scenderemmo nell'area dei titoli considerati meno affidabili e qui il problema è che per statuto molti investitori e fondi non possono ospitare nel loro portfolio titoli di questa categoria e quindi non potrebbero più acquistare BTP italiani".
Secondo motivo, faro sul debito: un eventuale declassamento di Moody's cosi come una battuta d'arresto nel PNRR accenderebbe i fari sul nostro debito da 2700 miliardi con l'immediata conseguenza che il debito buono che stiamo contraendo per finanziare gli investimenti del PNRR si trasformerebbe in debito cattivo e lo spread schizzerebbe a livelli difficilmente sostenibili.
"Perciò - conclude Ferretti - non ci sono particolari criticità ma serve vigilare sulla messa a terra delle opere nei prossimi anni anche perchè dobbiamo sapere che i mercati non ci perdonerebbero un passo falso".