(Teleborsa) - Si è chiusa con un nulla di fatto la lunga giornata nell'Aula della Camera impegnata a discutere il decreto aiuti con la maggioranza che si divide (ancora una volta) sul superbonus. Una corsa contro il tempo visto che il testo deve essere convertito in legge entro il 16 luglio e manca ancora il semaforo verde di Palazzo Madama.



I partiti che sostengono il governo sono in fibrillazione e nonostante palazzo Chigi abbia per tutto il giorno mostrato la massima disponibilità al dialogo con i partiti, concedendo loro tutto il tempo possibile per evitare la fiducia ( a patto che trovassero un accordo in tempi congrui) l'intesa non si raggiunge.

Intanto, il tempo stringe - si rimarca - per una misura che vale più di 20 miliardi che devono essere erogati a favore dei cittadini e del sistema paese. Una situazione di stallo che sta spalancando, nei fatti, la strada della fiducia. E ciò nonostante la massima disponibilità dell'esecutivo ad evitarla.

Sale la tensione, con il Movimento pronto a fare muro. A mettere in discussione l'ok al provvedimento la parte che riguarda il superbonus, uno dei provvedimenti bandiera dei pentastellati. Le riunioni della maggioranza con il governo si sono tutte chiuse con una fumata nera. Il nodo che sta portando verso il crinale del voto di fiducia sarebbe la richiesta dei pentastellati di modificare la norma sul superbonus contenuta nel decreto a cui l'Esecutivo ha detto di no perchè, stando a quanto filtra, ci sarebbe un problema di coperture (circa 3 miliardi) che mancano all'appello.

A trattare direttamente è il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà che in serata, di fronte alla spaccatura della maggioranza, annuncia che si deciderà ora con palazzo Chigi come andare avanti: "In stretto collegamento con la Presidenza del Consiglio, ho sondato tutte le forze della maggioranza per capire se fosse possibile trovare un accordo per evitare di porre la questione di fiducia sul decreto Aiuti. A questo punto il bandolo della matassa è nelle mani del premier. Di fronte al rischio della via del non ritorno, l'unica strada percorribile, si rimarca in ambienti parlamentari, è quella di far porre la fiducia al governo.