(Teleborsa) - A partire dallo scorso febbraio la biodiversità – ovvero la varietà di specie animali e vegetali del nostro pianeta – è stata inserita nei principi fondamentali della nostra carta costituzionale, accanto alla tutela dell'ambiente e degli ecosistemi. Trent'anni fa a porre l'attenzione sul tema erano state le Nazioni Unite con l'adozione nel 1992 della Convenzione per la Diversità Biologica, entrata in vigore il 29 Dicembre 1993 e ratificata in Italia il 14 febbraio 1994 con la legge n.124. Si tratta di un trattato internazionale giuridicamente vincolante con tre principali obiettivi: conservazione della biodiversità, uso sostenibile della biodiversità, giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall'utilizzo delle risorse genetiche. La biodiversità è stata recentemente al centro della giornata mondiale istituita dall'Onu il 22 maggio – con, quest'anno, il tema "costruire un futuro condiviso per tutte le forme di vita sulla Terra" – proprio per commemorare l'adozione del testo della Convenzione.
Negli ultimi anni la biodiversità sta scomparendo a un ritmo allarmante, principalmente a causa di attività umane come le modifiche nell'utilizzo del suolo, l'inquinamento e il cambiamento climatico. A seguito degli appelli del Parlamento europeo del gennaio 2020, la Commissione europea ha presentato la nuova strategia dell'UE sulla biodiversità per il 2030, per affrontare le principali cause di perdita di biodiversità e stabilire obiettivi giuridicamente vincolanti. Nel giugno 2021, durante la sessione Plenaria, il Parlamento ha adottato la sua posizione sulla "Strategia dell'UE sulla biodiversità per il 2030: riportare la natura nella nostra vita" volta ad assicurare che entro il 2050 tutti gli ecosistemi del mondo siano ripristinati, resilienti e adeguatamente protetti.
Nonostante il nostro Paese sia stato condannato dalla Corte di Giustizia Ue per i livelli di inquinamento dell'aria, sul fronte degli investimenti per la salvaguardia della biodiversità – come emerge dal report annuale sullo stato di salute delle specie viventi, sui principali fattori di rischio e sulle strategie da adottare per far fronte alla perdita della diversità biologica di Legambiente – l'Italia è la prima in Europa, con oltre 1,7 miliardi di euro che hanno finanziato più di 970 progetti per la protezione della natura di cui circa 850 milioni stanziati dalla Commissione europea a titolo di cofinanziamento. Dal 1992 ad oggi, grazie al programma Life, nato 30 anni fa insieme alla direttiva Habitat per raggiungere gli obiettivi della legislazione e delle politiche Ue in materia di ambiente e clima, – evidenzia Legambiente – sono stati cofinanziati in Europa oltre 5mila progetti che hanno mobilitato 12 miliardi di euro di investimenti di cui 5,6 miliardi stanziati dalla Commissione europea a titolo di cofinanziamento. Nel dettaglio tra le specie al centro dei progetti Life che hanno avuto successo in Italia troviamo il grillaio, il tritone crestato, la falena dell'edera, le orchidee spontanee, i fiori appenninici e la tartaruga Caretta caretta.
Come emerge da diversi studi la perdita della biodiversità ha un impatto notevole sulle nostre vite, oltre che dal punto di vista ambientale, anche dal punto di vista economico. "La salute umana e la salute degli ecosistemi sono inestricabilmente collegate e l'uomo è il principale fruitore – ha spiegato Laura Mancini, dirigente Laboratorio Ecosistemi e Salute, Dipartimento Ambiente e Salute, Istituto Superiore di Sanità in occasione della conferenza internazionale "Nature in Mind" –. Gli ambienti alterati causano poco meno di 1 su 4 decessi a livello globale. Ecosistemi sani ci mantengono in salute e forniscono numerosi servizi dall'acqua, al cibo, all'aria pulita. Sono una risorsa per le medicine tradizionali e offrono opportunità per la scoperta di altre molecole. Gli ecosistemi sani mitigano gli eventi estremi e le catastrofi naturali, possono svolgere un ruolo di regolazione nella trasmissione degli agenti infettivi. Gli ecosistemi e la biodiversità hanno un valore sia un valore intrinseco che un valore per le nostre economie. Tuttavia – sottolinea Mancini – non tutto il valore della biodiversità si riflette nel PIL: vi sono significativi vantaggi non di mercato, tra cui attività ricreative, purificazione dell'acqua e sequestro del carbonio, che non sono pienamente valutati. Gli scenari futuri prevedono che un aumento della popolazione mondiale a 8 miliardi entro il 2030 potrebbe comportare gravi carenze di cibo, acqua ed energia con, di conseguenza, possibili forti ripercussioni sulla salute e sulla disponibilità di risorse. I danni ambientali evitabili e la perdita di biodiversità minacciano la salute della popolazione. La perdita dei servizi forniti dagli ecosistemi naturali comporterà la necessità di trovare alternative dispendiose. Gli investimenti nel nostro capitale naturale – conclude Mancini – consentiranno di risparmiare nel lungo periodo e per questo sono essenziali per il nostro benessere e per la sopravvivenza a lungo termine".
Ma quanto vale in numeri la biodiversità? Calcolare il valore economico della biodiversità non è semplice ma secondo il rapporto Dead planet, living planet pubblicato nel 2010 dall'Unep (il programma delle Nazioni Unite per l'ambiente) si può stimare in 72mila miliardi di dollari all'anno il valore dei servizi che la biodiversità e gli ecosistemi forniscono agli esseri umani.
Ambiente, il valore economico della biodiversità
Per l'Onu si può stimare in 72mila miliardi di dollari all'anno il valore dei servizi che la biodiversità e gli ecosistemi forniscono agli esseri umani. Mancini (Iss): "La perdita dei servizi forniti dagli ecosistemi naturali comporterà la necessità di trovare alternative dispendiose"
30 maggio 2022 - 20.42