(Teleborsa) - Le prime stime sui pensionamenti, con effetto pratico 1° settembre 2022, dicono che quest’anno lasceranno il servizio oltre 30mila insegnanti, amministrativi e collaboratori scolastici, comprese alcune centinaia tra dirigenti scolastici e Dsga. Una parte di loro fruirà di “Quota 102”, introdotta eccezionalmente dopo l’addio a “Quota 100”, in attesa che il Governo approvi altre forme di pre-pensionamento: se la riduzione che comportano queste forme di uscita dal lavoro sono tollerabili, lo stesso non si può dire per “Opzione donna” che riduce l’assegno pensionistico anche del 35%, con tagli medi di 600 euro a lavoratrice. E nella scuola oltre l’81 per cento dei dipendenti è donna, con punte nel primo ciclo che superano nove lavoratori su dieci: donne che dopo i 60 anni dovrebbero lasciare il lavoro, ancora di più perché logorate da un contesto, quello scolastico, che come pochi altri assorbe energie, come confermato da diverse recenti testimonianze. Solo che continua a non essere associato a quello stress da lavoro correlato, che sulla carta sarebbe previsto dal decreto legislativo n. 81, del 9 aprile 2008, che ha dato attuazione all’articolo 1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
“Siamo di fronte a un ricatto bello e buono – tuona Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – perché per uscire dal lavoro qualche anno prima si va a penalizzare una vita di contributi previdenziali regolarmente pagati. La verità è che alla fine allo Stato questa soluzione conviene, visto che qualche settimana fa ai sindacati è stata prospettata l’idea di introdurre ‘Opzione per tutti’, una sorta di ‘Opzione donna’ allargata e ritenuta come l’unica “flessibilità in uscita sostenibile per i conti pubblici”: una possibilità che, come sindacato, respingiamo senza se e senza ma, visto si tratterebbe di una toppa peggiore del buco, visto che docenti e Ata nemmeno percepiscono l’indennità di rischio biologico, invece assegnata ad altri comparti come quello sanitario.
“Quello che proponiamo con forza – continua Pacifico - è invece l’inclusione di tutte le professionalità scolastiche nella tabella nazionale delle categorie usuranti, considerando che proprio oggi la stampa specialistica ha scritto che in quella lista ci sono professionalità, come gli estetisti, che fino a prova contraria non comportano maggiori fatiche fisiche e mentali, ma soprattutto non detengono le percentuali riscontrate dai docenti per il burnout a cui sono sottoposti e che dopo i 60 anni si traduce in patologie più o meno gravi, anche tumorali. Per chi opera a scuola, continuiamo a chiederlo, la soluzione è prevedere l’inclusione nell’Ape Sociale, oppure gli stessi parametri dei dipendenti delle forze armate, più il riscatto gratuito della laurea”.