(Teleborsa) - Il rendimento del BTP ha toccato ieri la soglia del 2%, un livello psicologico importantissimo e massimo da maggio 2020, per poi assestarsi in chiusura poco lontano da quel livello all'1,91%. Sorprendente il fatto che, in soli due mesi, il rendimento del titolo decennale italiano è pressoché raddoppiato rispetto a due mesi fa, prima di Natale, quanto era al di sotto dell'1%. Lo Spread parallelamente si è mosso al rialzo portandosi attorno ai 163 punti a fronte della maggiore avversione al rischio degli operatori.
Ma cosa è accaduto in questi due mesi? I fattori che stanno alla base dell'impennata dei rendimenti dei titoli del debito pubblico italiano sono doversi ed eterogenei. I venti di guerra in Ucraina sono solo l'ultimo degli avvenimenti che hanno fatto gonfiare il rendimento del BTP, che sale ogni volta che il mercato percepisce un qualche rischio in più.
Sempre per a stessa ragione, l'esito incerto dell'elezione del Presidente della Repubblica, prima della scelta di un Mattarella Bis, aveva fatto crescere il rendimento del decennale, accompagnato questa volta da un aumento dello spread, cioè della forbice fra il BTP Italiano ed il benchmark rappresentato dal Bund tedesco.
Last but not least , la BCE potrebbe avviare già quest'anno un percorso di aggiustamento al rialzo dei tassi di interesse, anche se in modo meno aggressivo rispetto alla Fed. Ne sono convinti gli operatori di mercato, nonostante la Presidente Christine Lagarde abbia più volte smentito la possibilità di un aumento dei tassi di interesse, sulla convinzione che l'impennata dell'inflazione si arresterà nel 2023.
A dispetto di un aumento generalizzato dei tassi di interesse, questa volta l'impatto sui conti pubblici italiani potrebbe essere limitato grazie alla crescita economica. Lo rivelano gli analisti di Goldman Sachs stimando che il trend attuale dei rendimenti avrà un impatto lento e limitato sulla spesa per interessi stimata entro lo 0,4% del PIL per la fine del decennio, contro l'1,5% registrato nella crisi del 2018 ed il 2,5% nel 2011, quindi il rapporto debito/PIL potrà calare al 145% entro il 2025 e al 136% entro il 2030.