Per analizzare la "delicata" situazione che sta vivendo il settore siderurgico, Teleborsa ha intervistato l'ingegnere Flavio Bregant, Direttore generale di Federacciai. Bregant, 60 anni, di Bergamo, riveste la carica dal 2008 dopo essere stato Direttore tecnico della Federazione, dove è entrato nel 1991, con responsabilità sulle aree energia, ambiente, materie prime e trasporti.
Ingegnere, l’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia di coronavirus ha avuto i suoi effetti sulla produzione italiana di acciaio. In che termini si è manifestata?
"Si è manifestata come tutte le altre filiere, ovverossia con una riduzione di produzione e un fermo prolungato di molte aziende".
Delle due principali categorie di prodotti siderurgici, ad avere sofferto di più sono i cosiddetti "lunghi" (tubi, travi, rotaie). A cosa si deve questo maggiore trend negativo rispetto ai prodotti "piani" (lamiere dei più diversi tipi e dimensioni)?
"In realtà si tratta di una lettura un po’ errata dei dati di produzione. Questi dati derivano dalla lettura sbagliata dei codici Ateco (combinazione alfanumerica che identifica una ATtività ECOnomica, n.d.r.) delle varie deroghe, che hanno consentito ad alcune aziende di andare avanti e ad altre di essere fermate. Il tema vero è che sia i lunghi che i piani soffrono assolutamente i danni della chiusura della filiera produttiva a valle, ossia i settori che recuperano e utilizzano l’acciaio. In forte riduzione sono i settori dell’auto, delle costruzioni e della meccanica, che impiegano sia prodotti i piani che lunghi".
Durante il lockdown, Paesi come Francia, Germania e Spagna hanno continuato a produrre. Quanto inciderà questo gap rispetto ai tempi e alle prospettive di ripresa?
"Questo sicuramente è stato penalizzante e ha consentito all’Europa di andare a diverse velocità e di redistribuire il mercato. Tuttavia, oggi quello che può influire molto di più sono le diverse condizioni di vantaggio che gli Stati europei fanno alle loro aziende, ovvero prestiti garantiti dallo Stato e velocità di risposta, ma anche il problema della produzione dei mercati internazionali. La Cina, che è il maggiore produttore di acciaio al mondo, nonostante il lockdown nel primo trimestre ha incrementato la produzione. La stesso la Turchia, e quindi appena c’è la ripartenza di tutta la filiera produttiva in Europa è chiaro che questi Paesi interverranno anche con condizioni non di mercato. È importante difendere il mercato europeo e quello italiano in particolare dalla concorrenza sleale fatto da questi Paesi".