A dirlo è Mario Deaglio, economista e professore emerito di Economia Internazionale all'Università di Torino, intervistato da Teleborsa nel corso della presentazione a Milano del XXIV Rapporto sull'economia globale e l'Italia dal titolo "Il Tempo delle Incertezze", promosso dal Centro Einaudi e Ubi Banca e pubblicato da Guerini e Associati.
Il virus ha infatti colpito una zona nevralgica per l'economia cinese: il distretto di Wuah, città focolaio dell'epidemia, ha un peso economico e produttivo per la Cina che equivale a quello della Lombardia per l'Italia, come ha ricordato nel corso della presentazione del rapporto.
"Il virus cinese già sta comportando un rallentamento di attività produttive cinesi che in parte alimentano le loro esportazioni ma anche per le importazioni, specie italiane - spiega Deaglio che ricorda come "le città vuote, con la gente costretta a stare a casa", significa uno stop negli acquisti anche di prodotti italiani.
Sono infatti circa 200 milioni i cinesi che hanno un reddito simile a quello italiano, come ricorda il professore. "Si tratta di persone che hanno molto interesse per i prodotti italiani. Se non possono andare a comprarli, allora la situazione può essere abbastanza grave", aggiunge.
Il coronavirus è solo uno dei fattori di incertezza che pesano sull'economia globale e italiana, come indica lo stesso titolo del rapporto, giunto alla ventiquattresima edizione.
"Quest'anno è stato visibile come siano venuti a saltare i meccanismi che per noi erano i punti fissi, cioè la posizione degli Stati Uniti aperti al commercio, l'Europa molto vicina agli USA, la Cina che cresceva in maniera ordinata in modo da non dare troppo fastidio", chiarisce il professore.
Tanti i motivi di questo clima di incertezze globale tra cui Deaglio mette al primo posto "il cambiamento del modo attuale di produrre, cioè l'uso di tecniche informatiche che scardinano l'ordine che durava da centinaia di anni".
"Tutto questo è posto in discussione", sottolinea l'economista, ricordando un fattore chiave che differenzia incertezza e rischio. "La differenza è che il rischio si può calcolare e misurare, ma l'incertezza no: può essere tanto o poco, ma rimane comunque una situazione in cui non c'è sicurezza su cui razionalmente costruire un futuro".
Se a tutto questo aggiungiamo la situazione causata dal coronavirus, il rischio recessione sembra dietro l'angolo. "Il virus è un fattore negativo, ma è difficile dire quanto", chiarisce Deaglio.
Fattore chiave sarà il tempo. "Se si risolve in un paio di settimane è una cosa, se in un paio di mesi è un’altra: se parliamo di due/tre trimestri altro ancora. È però un fattore negativo che va messo in quella categoria", conclude.