(Teleborsa) - La guerra commerciale si evolve in una guerra valutaria senza colpo ferire. La Cina ha infatti svalutato lo yuan - la moneta cinese è salita sopra la soglia dei 7 dollari per la prima volta da agosto 2015 - rispondendo alle ultime provocazioni di Donald Trump, che la settimana scorsa aveva annunciato nuovi dazi su 300 miliardi di prodotti cinesi a partire da settembre.
Pechino aveva già annunciato "rappresaglie" e non è nuova la strategia di agire sul fronte valutario, svalutando lo yuan, cui si aggiunge anche un'altra misura volta ad esercitare pressioni sugli USA, ovvero il blocco delle importazioni di prodotti agricoli statunitensi imposto alle compagnie statali cinesi.
L'escalation di tensioni fra USA e Cina ha messo in ginocchio i mercati mondiali, che ora scontano lo "scenario peggiore" che si possa immaginare: una guerra prolungata a colpi di tagli dei tassi, svalutazioni competitive e dazi. Lo stesso Trump ha più volte criticato la Fed per essersi mossa in ritardo e male rispetto ad un taglio dei tassi d'interesse ed ha denunciato svalutazioni competitive dell'euro e dello yuan. Uno scenario che rischia di minare la crescita globale ben più di quanto è accaduto sinora a causa delle politiche protezionistiche.
E così sui mercati mondiali è corsa ai beni rifugio in un agosto che si preannuncia molto caldo sul fronte della finanza globale: corrono yen, Treasury ed oro a scapito degli asset percepiti come più rischiosi.