(Teleborsa) - A un mese dall'inizio arriva la prima doccia fredda per i conti pubblici italiani. In seguito ai dati negativi dell'ultimo trimestre 2018, e dopo aver studiato a fondo gli effetti della manovra, oggi la Commissione europea, in occasione delle previsioni economiche invernali, ha effettuato un taglio netto delle stime di crescita dell'Italia relegando il nostro Paese all'ultimo posto della classifica. Nel 2019 il PIL italiano "scenderà a +0,2%, considerevolmente meno di quanto anticipato" nelle previsioni autunnali (+1,2%) ha stimato la Commissione Ue descrivendo un'attività economica "anemica" nella prima metà dell'anno. Un dato molto distante dall'1% previsto dal Governo. Alla base della revisione più ampia in Ue vi è "un rallentamento peggiore del previsto nel 2018, incertezza di policy globale e domestica e a una prospettiva degli investimenti molto meno favorevole". La stima del PIL 2018 è 1%, nel 2020 0,8% e per l'Ue le prospettive di crescita italiane "sono soggette ad elevata incertezza".

Meno drastiche le stime del Fondo monetario internazionale (FMI), che, dopo il +1% del 2018, rimane sul +0,6% di dicembre ma lancia l'allarme sul rischio "contagio" in caso di stress. Il Fondo ha, inoltre, espresso dubbi sulle due misure cardine del Governo, sostenendo che il reddito di cittadinanza rischia "di essere un disincentivo al lavoro", e quota 100 di "aumentare i costi pensionistici". Pur riconoscendo che l'attuale esecutivo ha "ereditato problemi difficili e di vecchia data", il FMI si dice allo stesso tempo preoccupato "che la strategia del governo non sia all'altezza delle ampie riforme necessarie all'Italia". Per il FMI servirebbero, infatti, riforme strutturali per aumentare la produttività e sbloccare il potenziale perché l'unica strada duratura per migliorare i risultati economici è quella che prevede
"un più alto potenziale di crescita, e non gli stimoli di bilancio o il rovesciamento delle riforme". Il Fondo ha affermato che le scelte degli attuali politici al potere "rischiano di lasciare l'Italia vulnerabile a una nuova perdita di fiducia del mercato anche in assenza di ulteriori shock". Shock che se, invece, si dovessero verificare potrebbero portare l'economia italiana a "spingere i mercati globali in territori inesplorati". Altro problema centrale per il FMI il debito che "resta una perenne fonte di debolezza". Per quest'anno il Fondo vede un deficit fermo al 2,1%, vicino allo 2,04% stimato dal Governo mentre il debito si attesterà a 130,9% nel 2019 e rimarrà sopra quota 130 fino al 2023.

L'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), l'authority dei conti pubblici italiani, allineandosi alla revisione al ribasso delle stime sull'Italia prevede, invece, un +0,4% di PIL. Nel trimestre in corso, per l'UPB, l'attività risulterebbe "ancora debole", tanto da far registrare un PIL "stagnante o debolmente negativo", che si riprenderà nei trimestri successivi grazie alla spinta delle misure espansive. Sull'anno il PIL, stima l'Authority, si fermerà comunque a 0,4%, mentre nel 2020 salirà dello 0,8%. Ma sulle previsioni, precisa l'UPB, "pesano rischi al ribasso".

Ora si attendono le stime dell'OCSE che ha già fatto sapere di essere orientato negativamente unendosi al coro delle istituzioni nazionali e internazionali che tagliano la crescita italiana per il 2019. Già a novembre l'OCSE aveva rivisto le stime allo 0,9% dall'1,1% di due mesi prima, la crescita più bassa fra i 30 membri ad esclusione di Argentina e Turchia. Con tutta probabilità il nuovo taglio arriverà nelle nuove previsioni di marzo.