(Teleborsa) - I NO sono prevalsi nettamente decretando la "bocciatura" del piano Alitalia messo faticosamente a punto dopo estenuanti trattative tra tutte le parti, sindacati compresi, con la paziente mediazione del Governo. Una bocciatura già certa nella prima parte dello spoglio delle circa 12 mila schede del referendum sul pre-accordo, confermata con maggiore ragionevole certezza appena oltrepassata la metà delle schede scrutinate, dopo l’esame di oltre 6.000 voti su un totale di 10.101.
I numeri parlano chiaro: esattamente alla metà degli spoglio nelle sedi di Milano e Roma i contrari all'accordo erano 3.947, i favorevoli 1.216. A meno di improbabili colpi di scena dell'ultimo momento, il NO avrebbe vinto, come è stato. I contrari sono stati sempre in testa con 3.947 voti contro i 1.216 favorevoli, appunto nel bel mezzo dello scrutinio. I dati si riferiscono ai due seggi di Milano e a due urne di Roma.
A Milano, era chiamato al voto soprattutto il personale navigante, poiché nei due aeroporti lombardi lavorano in prevalenza piloti, steward e hostess, i più colpiti dall’ipotesi di intesa con i "tagli" più significativi delle retribuzione. Il personale "milanese" non ha avuto dubbi: 698 NO e 153 SI il risultato di Linate, 278 NO e 39 SI quello di Malpensa. Stesso discorso anche nei sei seggi di Roma, dove lo spoglio è tuttavia ancora in corso. La vittoria del NO è quindi data per certa. Diverso il risultato a Torino, ma all’aeroporto di Caselle i votanti erano soltanto 18, con un SI di misura, 9 a 7. Due degli aventi diritto non si sono infatti presentati al seggio.
Ora si apre una pagina buia e drammatica per la sorte di Alitalia. Durante lo spoglio, mentre emergevano le prime avvisaglie concrete di un risultato negativo, erano già cominciate a circolare ipotesi di "liquidazione", con tanto di nome di chi avrebbe presto avuto l'ingrato compito di portare in 6 mesi, si precisava anche questo, la compagnia alla chiusura. Tutte chiacchiere, in quei momenti, destinate solo ad aumentare la confusione e lo sgomento. Ma ora, a bocce ferme e conti fatti, l'arrivo del liquidatore potrebbe essere solo di ore.
A metà pomeriggio, con il Premier Gentiloni impegnato a seguire passo dopo passo l'andamento dello spoglio, un "vertice" straordinario è stato convocato a Palazzo Chigi. A raggiungere Gentiloni, il Ministro per le Infrastrutture e Trasporti, Graziano Delrio, il Ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda e quello dell'Economia, Pier Carlo Padoan.
Il referendum di Alitalia si era concluso, come previsto, alle 16.00 di oggi 24 aprile, tra timori e paure per un verdetto che, peraltro decisamente prevedibile, si è concluso nel peggiore dei modi. Follia? Mancanza di realismo? presunzione? Oscuri giochi di potere? Non si sa, vedremo il prossimo svolgersi degli eventi e forse potremo capire. Di sicuro sono in tanti ancora ai loro posti di comando dalle eccellenti retribuzioni, indenni alle conseguenze dei danni provocati in anni di dissennata e incapace gestione.
Ma sono là, in diversi sopravvissuti a tre fallimenti. Ma non parliamo dei vertici, ci riferiamo a quella inossidabile classe dirigenziale assolutamente inamovibile che resiste imperterrita da decenni alle tempeste che hanno invece travolto e sradicato presidenti, amministratori, consiglieri e direttori generali.
E' soprattutto tra questi incredibili sopravvissuti che vanno cercati i veri responsabili di uno sfascio gestionale che ha travolto nel disastro anche i presunti salvatori arabi di Ethiad, letteralmente spiazzati da ciò che non avrebbero mai immaginato. I nomi? Son là, conosciuti da tutti.
Circa 11 mila lavoratori, il 90% degli aventi diritto, si sono recati alle urne su un totale di 12.500 chiamati a votare se accettare o meno il preaccordo tra azienda sindacati e Governo raggiunto lo scorso 14 aprile.
Si stanno ora vivendo momenti concitati, nel tentativo di mettere a punto "alchimie e marchingegni", magari titate fuori dal cilindro del prestidigitatore, per cercare ugualmente di salvare la compagnia. Ma non sarà certo facile. Anzi, si preannuncia impresa improba.
Intanto, è già stata indetta una riunione, per il 26 aprile, che si terrà al Ministero dello Sviluppo economico: la prima post referendum tra azienda e sindacati. Per domani, sarebbe in programma un Cda della compagnia per prendere le decisioni più urgenti, deliberando magari la messa della società in amministrazione controllata.
In ogni caso, con la vittoria del No, si è aperta davvero la strada della messa in liquidazione della ex compagnia di bandiera con l’arrivo di un commissario straordinario che le "voci" pomeridiane davano già per scelto. Dunque uno scenario di forte instabilità e incertezza con il rischio di cessazione delle attività di Alitalia.
E quando, a scrutinio non ancora a metà, i sindacati hanno visto il concretizzarsi dell'esito negativo peraltro temuto e previsto, Filt-Cgil, Fit-Cisl, UilTrasporti e Ugl Trasporto aereo hanno diramato la nota: "L'indicazione che arriva va nettamente verso la bocciatura dell'esito del confronto con governo e azienda. Quello che si evince è che la votazione è stata una votazione sofferta, ma decisa contro un'azienda che poco ha fatto finora per risollevare le proprie sorti. Ci sono ancora circa 6.500 schede da scrutinare, alla fine delle quali avremo un quadro più completo e la visibilità area per area, per il momento è il personale di volo quello dove si evince una prevalenza netta del no. Attendiamo le valutazioni e decisioni degli azionisti e del governo, nella consapevolezza di cercare sino all'ultimo ogni soluzione possibile per evitare decisioni che sarebbero traumatiche e non più modificabili".