(Teleborsa) - Mercoledì scorso, nello stesso momento in cui i missili da crociera russi stavano sorvolando l'Iran diretti verso gli obiettivi siriani, il leader supremo iraniano, l'ayatollah Ali Khamenei, ha tenuto un discorso in cui ha ribadito la necessità di tagliare qualsiasi colloquio con gli Stati Uniti.
"Il dialogo con gli Stati Uniti non porterà nessun beneficio al nostro paese”, ha detto Khamenei in pubblico, al cospetto dei Guardiani della Rivoluzione. “Al contrario, potrebbe essere estremamente dannoso”.
L’intervento di Khamenei, la massima autorità iraniana, non può essere considerato una coincidenza, perché era rivolto alle Guardie della Rivoluzione, la stessa organizzazione che ritiene di poter giocare un ruolo chiave nel sostenere l'intervento della Russia in terra siriana.
Per i giovani iraniani, che hanno sempre sostenuto l'accordo sul nucleare concluso la scorsa primavera e caldeggiato maggiori aperture verso l’occidente, le puntualizzazioni dell’Ayatollah sono state un duro colpo, ma nel contesto delle ultime mosse intraprese da Putin, non sono state del tutto inattese.
Il coinvolgimento della Russia in Siria, fornisce quindi una spinta importante anche all’interventismo iraniano che rafforzerebbe di fatto il peso dell'Iran come potenza chiave nel Medio Oriente, anche perché è ormai certo il supporto militare iraniano nel sostegno alla lotta contro l’Isis.
La riconquista della città di Tikrit, in Iraq, tolta dopo aspri combattimenti allo Stato Islamico, si pone come riuscito esempio di un'azione militare congiunta tra la potente Guardia Rivoluzionaria iraniana, le milizie sciite e soprattutto l'esercito iracheno.
Siria, l’intervento russo spinge l’Iran a fianco di Putin
09 ottobre 2015 - 14.27