(Teleborsa) - Il prezzo del rame è sceso ieri di quasi il 2%, avvicinando il suo livello più basso da oltre sei anni a questa parte.
Il metallo rosso è sceso a 4.955 dollari per tonnellata, fermandosi appena 100 dollari sopra il livello raggiunto nel 2009 a seguito della crisi finanziaria. La domanda di rame, che viene utilizzato in tutta l'industria, dalla costruzione di edifici alla fabbricazione di automobili, ha sofferto dal rallentamento dell'economia cinese.
La banca di investimento Goldman Sachs ha avvertito gli investitori, questa settimana, che i prezzi continueranno a scendere. In una nota, gli analisti di GS, prevedono che i prezzi del rame scenderanno ancora, probabilmente verso quota 4800 dollari per tonnellata, per la fine di dicembre e di su 4500 dollari entro la fine del prossimo anno.
Il calo del rame è solo una parte di un crollo globale dei prezzi delle commodity causate dalla crisi economica della Cina.
La profondità della crisi è stata sottolineata lunedì scorso, quando le azioni di Glencore, il più grosso trader di commodity e concessionario di grosse miniere in giro per il mondo, sono crollate del 30%.
Quattro anni dopo il collocamento di Glencore in borsa, con la più grossa IPO mai avvenuta in Gran Bretagna, gli analisti di Investec hanno avvertito che i bassi prezzi dei suoi prodotti di base, potrebbero provocare l’azzeramento del suo patrimonio netto.
Il petrolio è sceso del 60% rispetto ai massimi di giugno dell’anno scorso, il carbone da riscaldamento ha perso il 60% dal 2011 e il minerale di ferro è ancora più giù, essendo sceso del 70% dal 2010. Per cui l’impatto economico di questa incisiva discesa è molto ampio e sta debordando verso altri settori dell’economia reale.
Un settore che sta pagando un altro prezzo è quello del trasporto armatoriale. In Giappone Daiichi Chuo Kisen Kaisha, ha presentato istanza di protezione dai creditori, motivando le difficoltà con il crollo della domanda cinese di minerale di ferro e carbone.
Non sorprende quindi che il crollo dei prezzi delle risorse di base, abbia provocato un brivido lungo la schiena di altre importanti società armatoriali nipponiche. Nippon Yusen, Mitsui OSK Lines, Kawasaki Kisen Kaisha, hanno tutte visto le loro azioni flettere tra il 4% e l'8%.
Qualsiasi economia dipendente dalle esportazioni di materie prime sta assistendo ad una severa punizione della sua valuta.
L’Australia, il cui minerale di ferro, carbone, petrolio e gas naturale hanno alimentato il boom cinese, ha visto il suo dollaro perdere più di un quarto del suo valore nei confronti del dollaro Usa, dallo scorso anno.
Il Cile, dove il rame costituisce il 30% del valore delle sue esportazioni, l’impatto sulla spesa pubblica è stato molto pesante.
Materie prime KO. Il rame sui minimi del 2009 trascina le economie emergenti nell’abisso
30 settembre 2015 - 17.42