(Teleborsa) - Non c’è pace alle porte del modio oriente, lungo il confine sud orientale turco, dove ribelli curdi hanno ucciso soldati dell’esercito di Ankara, in un attacco dinamitardo lanciato in occasione del passaggio di due veicoli militari.
Non si è fatta attendere la rappresaglia turca, con il lancio di un attacco aereo contro il Partito dei lavori del Kurdistan, il PKK, da sempre punto di riferimento politico dell’enclave curda.
Da quando la fragile tregua è caduta, nel mese di luglio, vi è stata un’escalation di violenza tra curdi ed esercito turco che è costata la vita a 15 soldati delle milizie di Ankara, notizia che ha trovato riscontro anche in fonti di informazione indipendenti.
Il presidente turco, Erdogan, si è detto rattristato di quanto successo promettendo una risposta “risolutiva”. Il leader del governo turco, Ahmet Davutoglu, ha presieduto una riunione di emergenza, ieri, senza però rilasciare nessuna dichiarazione.
Il governo turco ha detto che le operazioni militari contro il PKK continueranno fino a quando i curdi non si ritireranno dal suolo curdo e deporranno le armi. Rigidi coprifuoco sono stati imposti in diverse città dove avvengono gli scontri, così come oltre un centinaio di quartieri sono-stati dichiarati "zone di sicurezza temporanee".
In risposta all’imposizione di Ankara, alcune zone a maggioranza curda nel sud-est della Turchia, hanno annunciato il regime di autogoverno.
I critici accusano il presidente Erdogan di reiterare comportamenti violenti contro l’enclave curda, per frenare l’ascesa del fronte pro-curdi e del Partito Popolare Democratico, il cui 14% dei consensi, ricevuto nelle elezioni di giugno, è costato al partito di Erdogan la maggioranza assoluta in parlamento.
Il governo nega le accuse e molte persone temono scontri, che possano smontare l’entusiasmo che sembra circondare le elezioni previste il prossimo novembre.