(Teleborsa) - Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha dovuto ammettere che il Consiglio di Sicurezza dell'Onu sta fallendo la sua missione in Siria, a causa delle divergenze di opinioni e di potere che pervadono la politica estera dei grandi della terra, su come porre fine ad un conflitto che ha già fatto, secondo le stime più prudenti, oltre trecentomila vittime e provocato un imponente flusso di migranti alla ricerca di asilo.

“Si dovrebbe guardare oltre l'interesse nazionale e smettere di bloccare le azioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sul conflitto in Siria”, ha detto il Segretario Generale dell’Onu in una intervista al Guardian. “Il flusso migratorio derivante da quelle aree sta diventando molto preoccupante”.

"Abbiamo bisogno di solidarietà e unità di intenti, in particolare tra i membri permanenti del consiglio di sicurezza", ha detto Ban Ki-moon in un'intervista. "Quando ci si divide sul come fare è estremamente difficile per le Nazioni Unite arrivare ad una conclusione. È per questo che ho sollecitato i membri del consiglio di sicurezza a guardare oltre il proprio interesse nazionale. Dobbiamo cercare l'interesse globale”.

Anche se Ban Ki-moon non ha mai fatto il nome della Russia e della Cina, i due paesi hanno più volte posto il veto sulle risoluzioni, bloccandole, come quelle sul governo siriano, al quale si volevano imporre severe sanzioni.

Il segretario generale dell’Onu ha poi detto che "il popolo siriano ha diritto alla giustizia”, minacciando il deferimento alla Corte Penale Internazionale de l’Aja, per chi perpetra le ingiustizie, ma anche per si oppone alle iniziative umanitarie dell’Onu”.

In precedenza il segretario aveva parlato di "vergogna" e "rabbia", oltreché di "impotenza per fermare la guerra", della comunità internazionale in Siria, che minano la credibilità delle Nazioni Unite.

“E’ una tragedia immane”, ha sottolineato l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, descrivendo l’esodo di persone in fuga dai combattimenti, come ”la più grande crisi generazionale di profughi”. Circa 4 milioni di persone hanno attraversato i Paesi confinanti, con oltre la metà di questi in Turchia. Decine di migliaia hanno poi intrapreso un pericoloso viaggio verso l'Europa arrivando fino a Monaco di Baviera.