(Teleborsa) - Il perimetro della guerra valutaria in atto da mesi si sta pericolosamente allargando coinvolgendo anche il Kazakistan, il più grande esportatore di petrolio dell’Asia Centrale.

La svalutazione del 23% della propria valuta, il tenge kazako, segna di fatto l’innesco di una nuova ondata di svalutazioni che sta facendo barcollare le valute più deboli dei mercati emergenti globali, minacciati dallo strapotere del rublo e della yuan.

In questo entropico contesto valutario, Egitto e Nigeria sembrano i paesi più vulnerabili, secondo John-Paul Smith, ex strategist di Deutsche Bank, che aveva previsto la crisi di Russia del 1998 e la disfatta cinese di quest'anno.

Bernd Berg, strategist della filiale londinese di SocGen, ritiene che le valute africane come il Rand e quelle dell’ex galassia sovietica saranno le prossime a cadere.

Le nazioni in via di sviluppo, sembrano quindi quelle meno in grado di sopportare le pressione delle svalutazioni portate avanti da Russia e Cina, che hanno sgonfiato in modo violento i prezzi delle materie prime.

"I maggiori esportatori di materie prime nel mondo, sono i paesi più vulnerabili," ha detto John-Paul Smith, che dopo l’esperienza in Deutsche Bank, ha fondato EcStrat, una società di consulenza e ricerca. "Se, come credo, il prezzo del petrolio sarà destinato a rimanere ai livelli attualmente depressi o muoversi ancora più in basso nel medio termine, le principali valute del Golfo saranno sempre più sotto pressione, anche se ci saranno feroci resistenze politiche verso qualsiasi tipo di svalutazione”.