(Teleborsa) - Non si arresta l'ondata di vendite che sta colpendo il settore delle materie prime.
Ieri il Bloomberg commodities price index, che replica un paniere delle risorse di base più utilizzate al mondo, è sceso a 95,5, ossia ai minimi da marzo del 2002.
Va precisato che l'erosione dell'indice non è cosa recente: dal settembre del 2011 ha infatti bruciato il 40% del proprio valore e il sell-off di questi ultimi giorni non ha fatto altro che accelerare il trend discensionale con inevitabili ripercussioni sul mercato azionario.
Sempre ieri, i principali players del comparto hanno visto andare in fumo miliardi di dollari di valore di mercato assieme all'Oro, di nuovo sotto quota 1.100 dollari l'oncia.
Sembra che siano soprattutto i metalli preziosi i principali "bersagli" di questa ondata di sentiment negativo iniziato già da diversi mesi in scia all'indebolimento della congiuntura in Cina e al rafforzamento del dollaro.
Eppure, secondo molti economisti non tutto il male viene per nuocere. Da un'analisi di Wald, dal 1957 l'indice S&P-500 ha dimostrato un andamento migliore nei periodi di "magra" del comparto materie prime.
Quando il Commodity Index scende sotto la media mobile a 200 giorni, inoltre, l'S&P mostra un trend positivo. Al contrario, quando l'indicatore torna sopra quella media mobile, l'S&P500 perde terreno.
Da uno studio di Oppenheimer, invece, è emerso che dopo quattro settimane di perdite del comparto commodities l'S&P500 guadagna lo 0,8%.
Materie prime ancora a picco. Ma non tutto il male viene per nuocere...
23 luglio 2015 - 09.17