(Teleborsa) - Fa discutere l'emendamento al disegno di legge sulla Pubblica Amministrazione sui concorsi statali.
Il testo, approvato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera, stabilisce che, nei concorsi pubblici, ad aver peso non sarà solo il voto di laurea ma anche all'università frequentata. Insomma, conteranno non solo i numeri ma anche la "qualità" dell'Ateneo frequentato e questo significa che i 100/100 conseguiti da un laureato potrebbero valere molto meno in un ateneo piuttosto che un altro.
Inutile dire che l'emendamento ha infiammato subito il dibattito, soprattutto tra studenti e i sindacati. Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal, "con questa norma solo chi frequenterà gli atenei più prestigiosi e con maggior potere, potrà aspirare all’ingresso nella Pubblica Amministrazione".
Non solo: la norma "violenta" diversi principi costituzionalmente protetti, come la parità di accesso al pubblico impiego, il principio di uguaglianza e di ragionevolezza. Con il risultato che ci saranno laureati di serie A e laureati con titoli di carta straccia.