(Teleborsa) - Le frasi pronunciate da Papa Francesco durante la messa celebrata per commemorare il centenario del martirio armeno, il “Metz Yeghern”, perpetrato dalla Turchia nel periodo della prima guerra mondiale, hanno fatto scoppiare tra il Vaticano e la Turchia un caso diplomatico.
“Il cammino della Chiesa è quello della franchezza”, ha detto il Pontefice. “La chiesa deve dire le cose come stanno, con estrema libertà e senza avere paura”. Papa Francesco, in forza di questo preambolo ha definito “un genocidio" il massacro condotto dalla Turchia ai danni del popolo armeno tra il 1915 e il 1917.
Parole dure che hanno subito ottenuto una risposta stizzita dal ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu. "Le parole del pontefice rivelano una discriminazione dei musulmani e dei turchi di fronte ai cristiani".
Critiche al Papa sono state mosse anche dalla principale autorità religiosa islamica sunnita in Turchia. Il Gran Mufti, Mehmet Gormez, ha definito le dichiarazioni pontificie sul genocidio armeno "senza fondamento" e ispirate da "lobby politiche e corporativismi di relazioni pubbliche". “Se le società iniziano a interrogarsi sugli errori fatti in passato, lo stesso Vaticano soffrirà più di chiunque altro”.
Dal Pontefice nessun passo indietro, mentre il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha definito i toni del governo turco ingiustificati: "La durezza dei toni usati dalla Turchia non mi pare giustificata, tenendo conto che una quindicina di anni fa Giovanni Paolo II aveva espresso valutazioni analoghe".
Il caso "scoppiato" tra la Turchia e il Papa avviene in un momento assai delicato in vista della commemorazione internazionale del centenario del genocidio, il prossimo 24 aprile.
Lo scontro
Vaticano e Turchia ai ferri corti
13 aprile 2015 - 18.26