(Teleborsa) - Mario Draghi ha un mese di tempo per vincere la battaglia sul Quantitative Easing (QE), mostrando che ciò non vada a compromettere la stabilità della Banca Centrale Europea.
Puntando al 22 gennaio, giorno previsto votare il piano di acquisto di obbligazioni sovrane da parte della BCE, il suo presidente Mario Draghi sta lavorando per ottenere il consenso più ampio possibile da parte dei politici dell’Unione. Il punto critico da affrontare diplomaticamente è quello della concessione delle Banche Centrali nazionali, di assumersi parte delle responsabilità dei singoli rischi di credito.
Il primo punto della missione di Draghi, nel prossimo mese, sarà quello di contrastare gli argomenti dei paesi oppositori all’iniziativa, tra i quali spicca la Germania, che il QE sia davvero destinato a rilanciare l'inflazione e non sarà invece una scorciatoia per salvare i governi negligenti.
"In caso di QE per i bond sovrani, sarà difficile far quadrare il cerchio per fare tutti felici", ha detto Marco Valli, economista di UniCredit. "Si sta cercando il modo per renderlo il più condiviso possibile, attraendo Stati più piccoli. Sarebbe importante però, per la credibilità di qualsiasi programma di QE, che il dissenso sia il più possibile circoscritto".
Weidmann, presidente della Bundesbank, sostiene fortemente che, a parte la questione se gli acquisti di titoli di stato siano legalmente opportuni, non c'è bisogno di nessun Quantitative Easing, convinto com’è che il crollo del petrolio fornirà un "mini-stimolo" all’intero sistema economico.
Draghi sulla questione petrolio ha invece un punto di vista diametralmente opposto, a causa del rischio deflazionistico che il crollo del greggio potrebbe importare nell’euro zona.